02 Gennaio 2025
Lei era una tipa elegante, ma la sua ultima relazione era stata un tale disastro, da risultare ai suoi occhi quasi quasi in categoria profumazzo, clone cinesoide di un già micidiale Thierry Mugler. Una specie di incubino variopinto ed intimamente disturbato, a pantaloni di colori sgargianti ma tristi. Una specie di ricercatore universitario o consimili in presupposte materie biochimiche, in odore di ex frequentazioni di disco berlinesi andate a male, ed un gusto eccessivamente orrido pel vestire, a cavallo tra un pagliaccio del Cirque du soleil ed il technovichingo tedesco, quello che balla per le strade livide di una Germania forse dell'Est in un famoso video virale.
In sintesi: prima scopata livello One Million di Paco Rabanne: nonostante le premesse dolciastra ma tutto sommato anche gradevole. Seconda scopata modello equivalente di Zara, in linea ma poco consistente. Terza scopata modello agrumato da discount, volatile e noiosino, del tutto scordevole. Eppure questo qua se lo era tenuto per svariati mesi, perché tra sé e sé si diceva, ed anche con buone ragioni, che in giro di meglio non c'era certo 'sto granché. Finché una sera di freddo secco e insinuante dell'inverno scorso costui non era scomparso nel nulla, dandole un banale pacco per una serata al cinema e non rispondendo ai messaggi. Il finto tedesco era semplicemente fidanzato con una commessa, convivente, ma questo si seppe per caso in seguito. E questo era tempo fa. Ed ora capodanno è passato, con amici divertenti, cenone nella bella casa di Federico F., con grande caminiera in marmo e serveuse in divisa, piatti prelibati, bottiglie di Billecart-Salmon e persino una rara Substance/Jacques Selosse e con molte promesse di un nuovo anno di gloria di merda e di afose e stinte retoriche del Presidente della Repubblica. Lei è arrivata vestita da gran sera, col suo Jil Sander nero fumo regalatole dalla sorella benestante e il tacco 12 di Sergio Rossi in vernice nera e la pelliccia di Astrakan, nerissima, di sua mamma. Hanno destato scalpore le sue gambe, oggettivamente molto belle, e ovviamente ha semidistrutto le calze a rete prima di mezzanotte, arrivandoci nettamente ubriaca, ma nel frattempo cazzo, quella barba biondina non si è più vista, con la sua allure ed il suo cappello da gran signore. Che peccato, pensa lei. Magari poteva essere invitato anche lui a quella festa, una delle due o tre migliori in città, per chi non era andato in montagna o altrove per le vacanze. Cazzo cazzo e cazzo. Sembrava simpatico, diciamocelo. Alla festa di capodanno lei seduce uno studente universitario, figlio di un fratello maggiore di qualcuno, e parimenti un fratello maggiore di qualcun altro, con cui limona a countdown già ultimato, così un po' per tradizione che bisogna baciare qualcuno. Non sa se poi questo ci sarà rimasto male che lei poi non lo ha cagato più di tanto, anche perché significativamente alticcia ha la quadrata scusa di non dover essere tarmata da cicisbei inutili e profittatori del suo stato non lucidissimo, e pure di essere magari gentilmente accompagnata a casa senza che poi il guidatore le tuffi per forza una mano tra le cosce, grazie.
Il giorno dopo, primo dell'anno, a prescindere dall'immancabile botta di hangover, torna varie volte alla libreria, che ha aperto la caffetteria nel pomeriggio, e al bar bello ed anche dal tabaccaio in piazza, ma nulla da fare. Non solo lo pensa, ma lo cerca pure, ormai se lo ammette pure da sola, laddove prima girava nei posti facendosi finta che. Lei non ha la macchina, non sa guidare, ma se la avesse girerebbe nei posti pure in macchina, anche se non ammettendolo. Ad un certo punto chiede anche ad un amico di fare qualcosa del genere, ma poi si vergogna un po' e lascia stare. Si chiede ancora perché sia stata così deficiente da non chiedergli neanche un contatto sullo INSTAGRAMMO, o di qualsivoglia natura, un indirizzo, una qualifica professionale, un negozio di mutande abituale, un ristorantino preferito, una zia vecchia da cui va a cena quando ha il frigorifero vuoto, un mercatino delle pulci, il barbiere, una cugina gravida all'ospedale, qualunque roba, una cazzo di traccia di stocazzo fritto e impanato. Macché. Ma pure lui, a non chiedere niente, ma che giochino di 'sta minchia in culo, senza le gioje del sesso anale, pensa lei, grama. Le sta tornando pure una sciocca e merlata fioritura di vitiligine, per fortuna solo alle braccia.
Lui è a casa, la sera del primo gennaio fa buio davanti alle finestre. Ha passato il capodanno ad una semplice cena con una mezza dozzina di amici gradevoli ed innocui. Non ha bevuto ieri, se non qualche limitato bicchiere di Franciacorta. Oggi non ha fame. Sul tavolo ha il progetto di un attentato per far saltare in aria con esplosivo per demolizioni il Ministro dei Trasporti, in visita tra non molti giorni, è notizia sottobanco quasi certa, ad un cantiere poco fuori città, simulando un incidente. Studia i vari dettagli da anni: ammazzare uno dei tanti, degli onnipresenti politicanti inetti, voraci e corrotti ed il suo entourage ha una controindicazione spiacevole nel novero delle vittime collaterali, quindi da anni le occasioni giuste senza codesto pessimo risvolto sono poche, soprattutto in modo di farla franca.
Sterminarli tutti, i colpevoli della rovina di una nazione intera. E della morte di suo padre in particolare, come di tanti altri malati lasciati morire per purissimo lucro. Un disastro annunciato e a cui nessuno si oppone, se non di rado, blandamente a parole: la decadenza oscena di una nazione a cui proprio suo padre aveva donato il suo destino ed il suo senso di dovere e responsabilità, avendone in cambio la malasanità, l'essere ripiombati all'anteguerra, anzi peggio, sempre peggio, sempre più in basso. Almeno nell'anteguerra non si era pure servi degli americani, in una nazione colonizzatrice e non colonizzata.
Vederli morti, questi sciacalli, per poter dire almeno di non aver subito pecorescamente, di non aver chinato il capo come fanno tutti. Oppure lasciar perdere questa follia, ogni proposito di rivolta e di vendetta, e riprendere a vivere, pure se male, pure se da schiavi in un paese di eunuchi asserviti ai loro castratori. Anche perché a lui sì che gli garberebbe vivere, e assai, e bene, e con agi e lussurie. Ed il resto chissenefrega. Il resto chissenefrega. Chissà dove porta in giro il suo bel sederino la ragazza coi capelli corti e gli occhi a palla mandorlata. Forse è al bar bello anche stasera. È già tardissimo ma domani niente ufficio per un bel po' di vacanze da fruire. Una puntatina la si potrebbe fare, nonostante la freddazza fuori, che quasi nebbia, quasi, piove, quasi nevica, quasi arde lo fuoco, dentro e fuori. Anzi no, le nuvole si sono scostate, si intravede un ultimo cielo grigiazzurro. Le giornate dopo il solstizio di inverno si allungheranno fatalmente. E se fosse lì che lo aspetta, quella là, la splendidona, quella una come io? All'improvviso gli viene il palletico di esser anche rimasto pure senza Toscanelli e con un nervoso addosso placabile solo così a fumare. Li cerca in salotto, in camera da letto, ce ne è mica più. Bisogna uscire per forza, anche se è già tardi e i Toscanelli saran ardui a trovarsi. Mette su lo Aquascutum con la doppia fodera antifreddo da lui stesso inventata ed un cappello Fedora, sempre grigio, comprato da Mutinelli a Milano. Un po' d'aria mi darà una schiarita alle orecchie, pensa lui, e fors'anche al pensiero pregno di atroce felicità nel proposito rivoltoso, ma pur sempre minaccioso di foschi orizzonti.
Esce, prende la Jaguar, parcheggia lontano dal bar bello perché vicino non trova, quasi affretta il passo, vede attraverso le vetrate: lei è lì, seduta ad un tavolino, con un altro uomo. Anzi, a veder bene, ma lui si ferma prima di avvicinarsi, neanche proprio un uomo.
Di Lapo Mazza Fontana
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