09 Ottobre 2025
Un film per conoscere, capire, rivivere una tragedia che ha un primato triste. Parlo del documentario "La Memoria e il Debito" di Francesca La Mantia e Massimiliano Napoli, presentato a Milano in anteprima nazionale.
L'intervista: Marco Proserpio ci racconta di suo fratello Alberto, che fu una delle vittime della tragedia accaduta agli albori del nuovo secolo.
Marco Proserpio-Ph. Alessandra Basile
IL FATTO E IL FILM
L'8 ottobre 2001, alle ore 08:10 locali, un McDonnell Douglas MD-87 della compagnia aerea SAS registrato SE-DMA, in fase di decollo dall'aeroporto di Milano-Linate, entrò in collisione, alla velocità di oltre 270km/h, con un Cessna Citation CJ2 sopraggiunto erroneamente in pista, a causa (anche) della fitta nebbia, assicurandosi il macabro record di incidente aereo più grave del nostro paese e fra i più gravi al suolo nel resto del mondo: 118 le persone uccise, fra chi si trovava nei due velivoli e chi lavorava, in quel momento, nel deposito bagagli, costruito a fine pista.
Una tragedia, innanzitutto, umana, eppure passata alla storia un pò in sordina. Ricordare significa dare importanza o, almeno, non toglierla, come se il tempo portasse via tutto; ricordare significa, anche, capire che le responsabilità di coloro che prendono in carico le nostre vite, da terra o dal cielo, quando montiamo su un aereo, sono tante e fondamentali, soprattutto, a fronte di eventi sia imprevisti sia naturali ma impattanti, come la nebbia di un mattino autunnale nella pianura padana(!).
Monumento alla tragedia di Linate dell'8 ottobre 2001 a Poasco-Fonte/credits: Licenze creative commons, web
Siamo qui a parlarne grazie al documentario del duo registico, La Mantia/Napoli, che lo ha presentato, all'Anteo di Milano, 24 anni dopo il tragico incidente, proprio nella data dell'8 ottobre.
A presenziare nel folto pubblico, le vittime, quelle rimaste, quelle imparentate o legate da relazioni altrettanto importanti con chi, allora, si era imbarcato sul volo del mattino per Copenaghen o per Parigi, senza mai arrivarci e, soprattutto, senza mai più fare ritorno a casa, dai propri cari.
L'emozione era palpabile in sala.
Francesca La Mantia e Massimiliano Napoli durante il Q&A all'Anteo-Ph. Alessandra Basile
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LE CAUSE (NOTE) DELL'INCIDENTE
Molte furono le concause di quel terribile incidente aereo: la già menzionata nebbia fitta, che rendeva molto difficoltosa la visibilità ai piloti; la scelta del pilota del Cessna di volare, pur non essendo autorizzato a farlo nelle descritte condizioni atmosferiche; il non rispetto, da parte del Cessna, delle indicazioni ricevute via radio, per via della ridotta visibilità aerea e della segnaletica stradale semi cancellata (da cui poi la responsabilità della SEA); il non funzionamento del radar di terra (da cui poi la responsabilità degli enti internazionali, Enac e Enav); l'impossibilità per la Torre di controllo, a causa del radar non funzionante, di accorgersi del raccordo sbagliato intrapreso dal velivolo più piccolo, pronto a decollare per Parigi dalla pista dove, intanto, il volo della SAS stava rullando per staccarsi dal suolo; l'errata disposizione a costruire l'enorme deposito bagagli a fondo pista, perché, se fosse stato costruito in una posizione più sicura, le conseguenze dell'impatto sarebbero state altre, probabilmente inferiori.
Ph. Alessandra Basile
IL PROCESSO E I PASSEGGERI, UN UNICO SOPRAVVISSUTO
E' stato, ad oggi, il più grave incidente della storia dell'aviazione civile italiana: 110 morti sul volo della SAS, 4 sul Cessna, 4 nel deposito bagagli; ferite altre 4 persone.
Il processo venne tenuto a Milano; dopo la fase dell'indagine, ci furono primo e secondo grado, fino alla cassazione: quasi tutti i responsabili vennero condannati in via definitiva e alle assicurazioni coinvolte fu imposta una serie di risarcimenti per i famigliari delle vittime.
Nel processo, è emerso un aspetto inquietante, che, se così si può dire, ha trovato giustizia: chi è deceduto in quell'impatto tremendo si è reso conto di quanto stava accadendo, con un conseguente grado di sofferenza, dovuto proprio a questa percezione; perciò, il c.d. danno da coscienza premorte venne attribuito alle citate assicurazioni e da esse debitamente risarcito.
Non dimentichiamo, che, per la maggior parte delle vittime del disastro, la morte è avvenuta in modo traumatico, per la tremenda collisione e per l'incendio seguito, e che questo è valso sia per i passeggeri sia per i diversi lavoratori che, al momento dell'incidente, si trovavano nel suddetto deposito bagagli.
Ci fu un solo sopravvissuto al disastro, per quanto vittima a tutti gli effetti anch'egli. Si chiama Pasquale Padovano l'unico uscito vivo, seppure ustionato sull'85% del corpo, dal deposito bagagli; 104 gli interventi per riplasmarlo, avendogli il fuoco fuso insieme dita, mani e braccia in un tutt’uno con il petto, e 5 i mesi di coma e cure ospedaliere, al Niguarda, che affrontò, vincendo sulla morte. Le possibilità di sopravvivere per quella torcia umana erano quasi nulle, ma, contro ogni previsione, si svegliò e ricominciò a vivere, anzi a sopravvivere (a quel ricordo onnipresente, i cui segni resteranno indelebili per sempre). Oggi, Pasquale ha 66 anni.
Interrogato, allora, l'uomo disse che, essendo crollate le Torri Gemelle meno di un mese prima, la sua mente era andata, subito dopo lo scoppio improvviso, all'ipotesi attentato.
Ph. Alessandra Basile
MARCO PROSERPIO, VITTIMA DI UN DOLORE NON RISARCIBILE
Marco Proserpio è stato assistito dal civilista Pier Francesco Magri, tra l'altro amico di famiglia, con la collaborazione del penalista Marco Morabito; entrambi i giuristi erano presenti in sala l'8/10/2025.
Alberto Proserpio era un dirigente di 32 anni, felicemente sposato, padre di Viola, che avrebbe compiuto un anno il mese successivo all'incidente. Suo fratello, Marco, 3 anni di differenza, ma nato nel suo stesso giorno, lo definisce, comprensibilmente commosso, "un mio braccio, che mi hanno tolto".
Il resto nell'intervista che segue.
Marco Proserpio-Ph. Alessandra Basile
RECENSIONE DEL FILM
"La Memoria e il Debito" ha una costante dignità nel modo di raccontare, senza mai cadere nella tentazione di sfruttare la tragicità dell'evento o il dolore altrui per sconvolgere la platea; questo documentario, realizzato con una fine ricerca, un lavoro di team, un montaggio davvero notevoli, sa creare condivisione fra i suoi protagonisti e gli spettatori, nel rispetto più totale degli intervistati e delle loro personali vicende. Il film è perfettamente capace di far conoscere le vittime attraverso i loro cari e di trasmettere l'umanità di questi ultimi, senza tuttavia risultare lacrimoso. Certo, noi spettatori sentivamo la sofferenza, era dura stare lì seduti e guardare, l'emozione ci colmava. Il film crea empatia (inevitabile per gli eventi, ma non scontata attraverso il grande schermo) e fa pensare tutto il tempo della visione "e se mi fossi trovato nei panni di coloro che erano restati?", soprattutto allora, quando mancava tutta una serie di servizi.
A colpire è, poi, un aspetto duplice: come sottolineavano i registi, non è questo un fatto particolarmente ricordato; inoltre, tutti coloro che ne hanno memoria attribuiscono alla forte nebbia di quel mattino la causa, se non unica, principale, ma non è pensabile che un fatto meteorologico naturale possa essere ritenuto la ragione dell'incidente, come non lo è la pioggia. Questo documentario vuole fare chiarezza.
"Non è solo un documentario, “La Memoria e il Debito”, è un atto di responsabilità - hanno affermato, convintamente, La Mantia e Napoli - verso le vittime e i loro familiari, è un monito per il futuro ed un’occasione per riflettere sulla sicurezza dei trasporti e sull’importanza della memoria collettiva".
Tutti, bambini esclusi, lo dovrebbero vedere, perché non possiamo dimenticare. A proposito di giovanissimi, Francesca La Mantia, in verità, per il ventennale del disastro aereo scrisse un libro: “Non è colpa della nebbia: la tragedia di Linate narrata ai ragazzi” (Gribaudo Feltrinelli).
Libro di Francesca La Mantia-Ph. Alessandra Basile
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