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Donzelli (CMSi): "Reazioni avverse al vaccino antinfluenzale correlate con numero di dosi: demenza +59% e Alzheimer +80%. Mortalità cardiovascolare in anziani senza problemi cardiaci tende ad aumentare del 45%" - ESCLUSIVA

Alberto Donzelli chiede più prudenza prima di varare il Piano Nazionale di Prevenzione Vaccinale: "Le metanalisi di trial randomizzati provano che antinfluenzale in anziani senza problemi cardiaci aumenta in tendenza mortalità cardiovascolare (+45%). Rifarla spesso si associa anche ad aumento di demenze (+59%, e +80% per Alzheimer)"

05 Maggio 2023

Alberto Donzelli, nel seminario del Comitato Medico Scientifico Indipendente sul Piano Nazionale di Prevenzione Vaccinale 2023-2025, parla delle prove contrarie all'utilità delle vaccinazioni su larga scala. Porta come esempi gli studi epidemiologici randomizzati sulla popolazione anziana sottoposta a vaccinazione anti-influenzale: dimostrano un aumento di mortalità cardiovascolare e di incidenza della demenza.

Alberto Donzelli su Piano Nazionale di Prevenzione Nazionale: "Evidenze di danni con vaccinazioni ripetute e prolungate"

"Per quanto riguarda la vaccinazione anti-influenzale non solo non ci sono prove che fatta in maniera universale a tutta la popolazione anziana o ancora più estesa dia dei benefici complessivamente ma ci sono addirittura con le ricerche di alta validità, cioè studi randomizzati controllati che sono stati messi insieme da ricercatori oltretutto molto favorevoli alla vaccinazione, ci sono prove che per il rischio cardiovascolare non ci sia nessun beneficio in chi non ha avuto un infarto recente o probabilmente in chi non ha uno scompenso cardiaco. 

Addirittura è stato riscontrato che se una persona è stabile dal punto di vista della salute o cardiovascolare ed è a domicilio e non in ospedale la vaccinazione anti-influenzale sia associata con un aumento in tendenza del rischio di mortalità cardiovascolare. Non si arriva a un aumento statisticamente significativo ma comunque negli studi disponibili un 45% in più di mortalità cardiovascolare. Il principio di precauzione dovrebbe imporre di non spingere per una vaccinazione universale ma solo mirata dove ci sono prove di utilità. 

In questi studi hanno seguito 13,4 milioni di inglesi per 20 anni con la convinzione che avrebbero mostrato un beneficio nella riduzione di demenza con la ripetizione di vaccinazioni. Non è stato così, ma hanno al contrario mostrato che c'è un'associazione con un aumento continuo di demenza con la ripetizione delle dosi, quindi con un "effetto dose" e con l'aumento del tempo dall'inizio in cui l'anziano comincia a ricevere queste vaccinazioni. Quindi hanno studiato popolazione anziana inglese.

Per quanto riguarda la demenza in generale, la vaccinazione anti-influenzale sembra quella più correlata a un aumento di rischio che arriva con l'aumento del numero di dosi anche al 55-60% in più rispetto a chi non si vaccina.

Per quanto riguarda la vaccinazione anti-ipneumococco, anche qui, seppur non in queste proporzioni, c'è un aumento statisticamente significativo. 

Aumento più contenuto ma sempre significativo si è mostrato anche con la ripetizione dell'antititanica e antidifterica che adesso viene dal piano proposta ogni 10 anni dai 18 anni in poi.

Per quanto riguarda la demenza di Alzheimer le cose vanno ancora peggio nel senso che a distanza di 20 anni dall'inizio di inoculi ripetuti in persone anziane si associa con un aumento dell'80% di demenza di Alzheimer. Questo non è ancora una prova di causalità ma dovrebbe imporre una moratoria prima di spingere per vaccinazioni universali indiscriminate"

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