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Raid contro La Stampa, Albanese: “No atti di violenza, ma sia un monito ai giornalisti che non fanno il proprio lavoro, cioè riportare i fatti” - VIDEO

Dopo il raid di alcuni manifestanti pro-pal contro la redazione de La Stampa, Albanese ha denunciato gli atti di violenza. La relatrice ONU ha esprimendo anche un suo dissenso nei confronti dei giornalisti che non fanno il proprio lavoro nel riportare i fatti

01 Dicembre 2025

Francesca Albanese, relatrice speciale dell’ONU sui territori palestinesi occupati, torna al centro del dibattito pubblico dopo il raid alla redazione de La Stampa da parte di alcuni manifestanti pro-Palestina. Durante un incontro all’Università Roma Tre organizzato dal Global Movement to Gaza, Albanese ha condannato senza esitazioni l’episodio, ricordando però un punto fondamentale: per lei, quanto accaduto deve essere anche un “monito” al giornalismo italiano e occidentale, spesso – a suo giudizio – incapace di raccontare con rigore e completezza la tragedia in corso a Gaza. La relatrice ha sottolineato che la condanna della violenza non può diventare un tabù che impedisce di discutere del ruolo dell’informazione, soprattutto in un momento storico in cui la narrazione di un conflitto incide profondamente sulla percezione pubblica dei diritti umani.

Le reazioni della politica: critiche trasversali, ma Albanese ribadisce la sua posizione

Le sue parole hanno acceso reazioni dure da parte della maggioranza e di alcune opposizioni. La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, pur senza nominarla, ha espresso preoccupazione sui social, interpretando troppo impulsivamente le sue dichiarazioni come una sorta di giustificazione dell’assalto. A ruota sono intervenuti esponenti come Lucio Malan, Nicola Zingaretti, il presidente dell’Ordine dei Giornalisti Carlo Bartoli, i ministri Guido Crosetto e Antonio Tajani.

Ma Albanese ha risposto con fermezza:
"Mi criticano perché faccio paura. Perché rappresento il cambiamento e il risveglio delle coscienze". Ha ricordato come il suo lavoro all’ONU riguardi la denuncia sistematica delle violazioni ai danni dei palestinesi, e che questo inevitabilmente crea insofferenza politica: "La mia colpa è aver criticato la stampa italiana e occidentale per il pessimo lavoro svolto sulla questione palestinese". Albanese sostiene che l’Italia stia vivendo ciò che definisce l’effetto Palestina: la consapevolezza crescente che l’economia della guerra – che devasta Gaza – è la stessa logica che, secondo lei, sta erodendo i diritti fondamentali anche nel nostro Paese. La relatrice ONU ha ribadito più volte che la violenza non è giustificabile, nemmeno in un contesto che lei stessa definisce “violento” sul piano politico e sociale: "A parte il danno materiale e morale ai giornalisti, si distrugge anche la causa di chi scende in piazza". Per Albanese, infatti, l’assalto ha ottenuto l’effetto contrario: invece di accendere il dibattito sulla carneficina in corso a Gaza, ha monopolizzato l’attenzione sul gesto di pochi manifestanti, oscurando completamente le ragioni di una protesta più ampia e profonda.

L’attacco politico e la risposta diretta a Gasparri

Non sono mancati gli affondi personali. Il senatore Maurizio Gasparri ha parlato di “indignazione” per le dichiarazioni della relatrice. La risposta di Albanese è stata frontale: "Vorrei che Gasparri si indignasse per il supporto che questo governo sta dando al governo Netanyahu, che da due anni commette un genocidio a Gaza. Dica una cosa che abbia senso". La relatrice ha parlato dopo aver partecipato a una manifestazione nazionale per il popolo palestinese, dove – ricorda – oltre centomila persone hanno espresso solidarietà alle vittime del conflitto.

A complicare ulteriormente il clima, il murale dell’artista aleXsandro Palombo alla Stazione Termini, che ritraeva Greta Thunberg e Albanese abbracciate da un miliziano di Hamas, è stato vandalizzato. L’opera, pensata per criticare dinamiche comunicative e narrative, è stata interpretata da molti come un tentativo di associare la relatrice ONU a posizioni estremiste, riducendo ulteriormente un dibattito già polarizzato.

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