25 Giugno 2025
Si è svolta ieri a Roma una nuova udienza del processo per diffamazione che vede imputato lo scrittore Roberto Saviano, querelato dal vicepremier e ministro dei Trasporti Matteo Salvini per alcune dichiarazioni risalenti al 2018. Al centro del procedimento, in particolare, alcuni post in cui l’autore di Gomorra definiva Salvini “il ministro della mala vita”.
A margine dell’udienza, il leader della Lega ha raccontato un episodio avvenuto in aula: “Ho stretto la mano a Saviano in aula e lui mi ha detto ‘vergognati’. È un maleducato, ma non è certo un reato". Un gesto di cortesia, secondo Salvini, accolto con una reazione che ha definito fuori luogo, ma non penalmente rilevante.
Il ministro ha poi voluto chiarire il senso della sua azione legale contro Saviano: “Io non ce l'ho con lui. Se qualcuno mi da del mafioso o amico della 'ndrangheta non è normale: non è normale per un ministro, per un padre, per un cittadino. Noi i clan li abbiamo combattuti”. Un’affermazione con cui Salvini ha voluto ribadire la propria estraneità e il suo impegno nella lotta alla criminalità organizzata.
Dal canto suo, Roberto Saviano, parlando con la stampa prima dell’udienza, ha rivendicato le parole utilizzate sui social nel 2018: “Riutilizzerei l’espressione ‘ministro della malavita’ che è di Gaetano Salvemini: ritengo di avere tutto il diritto di utilizzare questo paradigma per criticare Matteo Salvini”.
Nella sua testimonianza, Saviano ha attaccato duramente il vicepremier: “È stata una giornata importante perché finalmente Matteo Salvini dopo anni è venuto a rendere testimonianza. Mi ha sconvolto perché non si ricordava, ometteva: ha balbettato qualcosa sulla scorta, che per lui era una valutazione politica. La cosa assurda è che emersa la figura di un politico che fa e dice cose senza pensarci”.
Il processo, che verte sulla delicata questione del confine tra libertà d’espressione e offesa alla reputazione, è ancora in corso. La prossima udienza è stata fissata per novembre.
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