Vaccino Covid, Caporale scarica responsabilità inoculazione AstraZeneca nella riunione Cts del 10 maggio 2021: "Tanto firmano consenso informato"
Nei verbali, secretati fino a pochi giorni fa, del Comitato tecnico scientifico emerge la verità sul vaccino AstraZeneca: gli esperti ammettevano rischi soprattutto per gli under 60, ma hanno preferito scaricare la responsabilità sui cittadini attraverso il “consenso informato”
Nella riunione del Comitato Tecnico Scientifico del 10 maggio 2021, la cui trascrizione è stata resa pubblica solamente in questi giorni, dopo l'apertura del procedimento penale contro ignoti per la morte di Camilla Canepa, la bioeticista Cinzia Caporale ha scaricato la responsabilità degli effetti avversi conseguenti all'inoculazione del vaccino Covid AstraZeneca ai cittadini stessi. Infatti, la dottoressa ha concluso la discussione sul siero dicendo: "Tanto chi si vaccina firma il consenso informato", facendo intendere che non sarebbe stato affare dello Stato.
Vaccino Covid, Caporale scarica responsabilità inoculazione AstraZeneca nella riunione Cts del 10 maggio 2021: "Tanto firmano consenso informato"
Doveva essere lo strumento per riportare l’Italia fuori dalla pandemia, ma i verbali interni del Comitato tecnico scientifico mostrano un’altra realtà: AstraZeneca, definito apertamente un vaccino di “Serie B”, andava solo smaltito, come merce in eccesso acquistata dal governo. Non un presidio sicuro per la salute, ma un problema di logistica e di immagine.
Nella riunione del 10 maggio 2021, resa pubblica solo ora, i cosiddetti esperti discutono senza mezzi termini delle falle del siero anglo-svedese. Troppo rischioso sotto i 60 anni, troppo poco efficace rispetto agli mRna. Ma invece di sospenderlo, l’idea fu quella di scaricare la decisione sui cittadini: il consenso informato come foglia di fico, una firma che trasformava in “scelta personale” ciò che lo Stato non aveva il coraggio di assumere come responsabilità.
La bioeticista Cinzia Caporale parlava di “guazzabuglio” ma suggeriva comunque di mantenere il messaggio ufficiale: AstraZeneca preferibile sopra i 60 anni, salvo deroghe. Brusaferro confermava: chi vuole, lo faccia. Ogni Regione a modo suo, ogni cittadino lasciato solo di fronte a un modulo. Una vera e propria fuga dalla responsabilità, aggravata dall’ammissione del segretario del Cts Fiorentino: “Chi avrà la trombosi è potenzialmente un denunciante”. In altre parole, sapevano dei rischi.
Tra gli escamotage discussi c’era anche l’uso degli adenovirali su “popolazioni speciali”: carcerati, immigrati, marittimi. Persone vulnerabili trasformate in destinatari di dosi indesiderate, come se valessero meno. L’idea, poi accantonata per timore delle polemiche, resta un segnale inquietante di come la logica sanitaria fosse piegata a interessi politici e industriali.
Il resto era affidato all’alibi del Covax: spedire le dosi indesiderate nei Paesi poveri, col paravento della solidarietà internazionale. Un mese dopo, la tragedia di Camilla Canepa dimostrò quanto fossero fondate le paure. Eppure, nel nome dell’emergenza, la campagna vaccinale andò avanti, coperta da statistiche e comunicati. Oggi, quei verbali mostrano una verità scomoda: più che la scienza, a guidare le scelte furono calcoli politici, interessi economici e un’enorme operazione di scaricabarile.