15 Dicembre 2023
Su X una asserita scienziata, può darsi anche che lo sia, di quelle con la biografia in english e una raffica di cariche, di titoli che sanno tanto di mitomania, pochissimi i follower, negligenza o trolling chissà, mi sfida a fornire la “prova del diavolo”, che cioè il mio linfoma sia causato dal vaccino anticovid. È in purissima malafede, perché la scienza non procede, l’ho già fatto notare, per mere evidenze, altrimenti non è più scienza, è misticismo di riporto e perde la sua capacità di proiettarsi nel futuro, senza la quale nessuna disciplina è scientifica. Tanto è vero che è sempre soggetta a ripensarsi alla luce delle scoperte acquisite, e le scoperte si possono conquistare solo protendendosi oltre l’attualità dell’evidenza, nella piena disponibilità a porre tutto in discussione. Ecco, nel caso dei vaccini quello che si nota è una avversione totale, radicale, rabbiosa a qualsiasi possibile mutamento di scenario sulla base di ulteriori consapevolezze, dimostrate dalla pratica sperimentale, alla quale non siamo estranei noi cavie, noi malati, non fosse altro perché, come salmodiava il viceministro Sileri, “non è vero che i vaccini non siano stati sperimentati: li hanno sperimentati su chi li ha assunti”. Una logica da fare impallidire il celeberrimo comma 22. La misteriosa luminare, dunque, mi sfidava: l’ho rimandata agli ultimi interventi su questo sito ed è fuggita, asserendo che lei si misura solo sulla base di pubblicazioni scientifiche come le sue. Delle quali, a cercare col lanternino come Diogene, non si scorge traccia. Ma io in questi articoli non parlo per stregoneria o per oroscopi, non gioco sporco, non spargo fumo: io riferisco proprio la scienza degli scienziati quotati a livello internazionale, i Montagnier, premio Nobel, e poi i Tarro, i Malone, i Dalgleish, che non ho conosciuto, e però anche gli Stramezzi, le De Mari, i Cosentino ed altri con cui mi sono confrontato.
E allora la prova del diavolo non c’è più, perché io la prova la fornisco e quindi la sconfiggo: anche se non piace sentirla, se la reazione è l’insulto, che poi è una forma di censura, la provocazione dell’imbecille che si porta appresso una scia di canaglie senza faccia e di moderatamente noti mestatori, megalomani che si vantano di saper rovinare reputazioni, di poter contraffare l’impossibile per il trionfo della causa, quella loro. Allora mi provo a rispiegare qui le ragioni per cui una malattia come la mia c’entra col vaccino, anzi trova in esso l’unica spiegazione possibile proprio alla luce della razionalità scientifica. Lo faccio nel modo più semplice, essenziale e direi perfino elementare.
Tutto parte, come noto, anche se per lo più vagamente noto, dall’ormai famigerata proteina Spike, che agisce in relazione all’mRNA messaggero, ossia sviluppa modificazioni a livello genetico, sul DNA. Deve farlo, perché è stata costruita per aggredire, debellandole, le cellule infettate dal Coronavirus. Quello che i virologi della domenica, e purtroppo anche degli altri giorni, ci avevano assicurato, era che questa dannatissima Spike, una volta esaurito il suo compito, si sarebbe esaurita anche lei, come quando un esercito si ritira non trovando più nemici; quello che ci avevano tenuto nascosto, vuoi per ignoranza scientifica, vuoi per malafede organizzata, era che sarebbe accaduto tutto il contrario, cioè, in poche parole, la Spike si metteva allegramente a far turismo per il nostro organismo e, dove trovava una situazione di latenza, una qualsiasi anomalia in embrione – e non esiste organismo che non ne covi almeno qualcuna – tornava a scatenarsi. Come? Leggendo una situazione di debolezza potenziale, di carenza immunitaria, come nemico da distruggere e reagendo con scariche di anticorpi contro la presunta malattia. Senza distinguere: alla cieca. La differenza sta in questo, che mentre l’artiglieria contro il Covid era calibrata (o almeno così si sosteneva: alla prova dei fatti, neppure questo si è dimostrato scientificamente fondato), insomma era fatta per aggredire un preciso e inconfondibile nemico, in tutti gli altri casi la risposta essendo indiscriminata non faceva che distruggere, creando patologie o risvegliandole o eccitandole invece di contenerle. In parole ancora più comprensibili, dove c’è un pretesto organico, la Spike va a colpire e distrugge tutto: distrugge l’organismo. La proteina intelligentissima è in realtà stupida a un livello micidiale. Tanto vero, che oggi gente come l’assessore Bertolaso invita “a fidarsi, in quanto gli attuali vaccini sono sicuri”. Come a dire che su quelli di prima abbiamo preso una cantonata. Ma una cantonata, a quanto pare, costata un numero tuttora incalcolabile di morti e di lesionati, come in una guerra mondiale.
Orbene, a me hanno diagnosticato una forma di linfoma dal nome lungo e complicato, indolente, marginale e quant’altro, che in soldoni funziona come segue: a seguito di una condizione di difese immunitarie bassissime, parte con raffiche di anticorpi di reazione. Uno può avere, ed io le avevo, le difese immunitarie a terra per un sacco di motivi: la genetica, la sua storia personale, la condotta di vita, le situazioni in corso d’opera, la fatica, la vecchiaia che avanza, il doversi occupare in modo esclusivo di una madre in totale stato di demenza (che è qualcosa che distrugge, che prosciuga come ben sa chi si trova a passarci), certi incontri, certe situazioni che ti fanno soffrire, che provocano uno stress psicofisico più o meno importante (e io negli ultimi due-tre anni ne ho patite di quelle dall’impatto devastante); infine, il vaccino stesso. Che origina stress in due modi: di per sé, appena entra, e poi come “risposta”. Come si sono accorti del mio linfoma gli specialisti? Per il combinato disposto di due scoperte, seguite ad accertamenti indotti da una frattura scomposta alla spalla (che si sarebbe unita al linfoma, provocando una condizione di estrema prostrazione): l’anomala proliferazione di linfonodi (nella regione addominale soprattutto) cui faceva riscontro un particolare valore del sangue esploso in misura cinquanta, cento volte al limite riconosciuto; era quel valore che indica la reazione anticorpale a seguito di una carenza immunitaria. “Il tuo linfoma” mi ha spiegato l’ematologa che mi ha preso in carico “è una forma che sviluppa una proliferazione di anticorpi, solo che questi anticorpi nascono malati: e, girando nel sangue, raggiungono l’intero organismo a partire dal midollo osseo, compromesso all’80%”. Più chiaro di così. Eccola, la “prova del diavolo”. Io ho le mie colpe, ho aspettato molto, troppo, ho convissuto per chissà quanto con sintomi anche pesanti, in larga parte partiti proprio all’indomani della prima dose, due estati fa, e peggiorati subito col richiamo: colpa della depressione strisciante che mi porto dentro, e che mi ha sempre fatto rinunciare a prendermi cura di me. “Ma sì, chi se ne frega, tanto a chi importa. Io devo curarmi degli altri, se sto così, se arranco, vuol dire che c’è un dio che vuole tutto questo”. Quel dio si chiama depressione, e invito chi scoprisse di comportarsi allo stesso modo a provvedere alla svelta: se io non fossi stato sbalzato, in modo altrettanto misterioso, dalla mia moto ferma, in sosta, una notte di fine agosto, non mi sarei mai fatto le analisi, non avrei scoperto niente fino a chissà quando e certamente finché non sarebbe stato tardi: il “mio” linfoma è già al quarto stadio, merita una terapia veramente d’urto e non la auguro (quasi) a nessuno. Ma quando è la scienza, quando è l’ematologa che mi cura a dirmi che il “mio” linfoma funziona così, ed è arcinoto, risaputo, confermato, riconosciuto, ammesso (anche da chi l’ha costruita) che la proteina Spike funziona così, beh, di che vogliamo ancora parlare? Quando persino la rivista “Nature”, bibbia degli invasati che salmodiano “lo dice la scienza, lo dice la scienza”, arriva ad ammettere che “Uno su quattro fra quanti hanno ricevuto il vaccino Pfizer contro il Covid ha manifestato una risposta immunitaria involontaria”, e lo chiama, con formula ribalda, balorda, “problema tecnico”, quali altre cazzo di prove del diavolo vogliono sfidarmi a trovare le sedicenti scienziate da social? Non sono le cose che ho volgarizzato io poco più su? Io mi ritrovo la vita scassata per un problema tecnico”? Come un’auto elettrica? Dai, su, ma che volete ancora stare a discutere? Qui non resta che sommare due a due: e, per quanto uno voglia provocare, diffamare, sbraitare, scatenare la canea, il risultato, logico, scientifico, non può che essere quattro. Non c’è altra possibilità, non c’è modo di smentire, si può “non voler” sapere, si può proclamare, come quel mio disgraziato compagno di sventura, “il tempo è galantuomo”, frase senza senso in un contesto del genere, non più fondata di un luogo comune del tutto privo di concretezza: come se il tempo non ci avesse già presentato il conto.
Ma la faccenda non cambia. Non può cambiare, semplicemente. E le supposte ricercatrici che ti invitano a produrre documentazione medico-scientifica, sono talmente in malafede che, a loro volta sfidate, si negano e non ti resta che mandarle affanculo. Allo stesso modo di questo imbecille che ti viene a commentare “tu sei la merda”, così, senza presupposto, ma chi mai l’ha coperto questo sessantenne disagiato, questo mestierante da quattro soldi? Chi è, cosa vuole? Gli dà fastidio la mia malattia? O deve recitare una parte, se no non lo fanno più andare ai programmi di regime? Come si sentirebbero, quelli come lui, seduti al posto mio per 8 ore mentre ti riempiono di veleno per ammazzare altro veleno? E ne avrò, se mi andrà bene, fino a maggio almeno e la prospettiva di recidive, mi hanno informato, è altamente probabile. Chi me lo restituisce un anno bruciato in sofferenza e infermità? Provocato dalle mille facce balorde di un regime che altri balordi si ostinano a difendere? E di questo regime parla già tutto il mondo, sta girando il pianeta la notizia dell’ex ministro Speranza accusato formalmente di omicidio “dopo che alcune mail rivelano che sapeva fin dall’inizio che gli “shot” (le vaccinazioni) uccidevano e ha dato ordine alle autorità sanitarie locali di nascondere morti ed effetti collaterali gravi per rassicurare gli italiani della loro sicurezza e [per] non mettere a repentaglio la campagna di vaccinazione”. Roba agghiacciante, indegna di un regime sudamericano, figurarsi di una democrazia europea. “Le fonti, le fonti?” Non chiedetele, trovatele: stanno dappertutto, sui giornali di sempre più nazioni, questo comunque è il conduttore di InfoWars Greg Reese, ripreso da France Soir. Solo nel Paese direttamente coinvolto non se ne parla, quasi nessuno ne parla, non i notiziari pubblici, non le reti private, e, una sola testata fra mille s’è azzardata. In compenso, un tale scempio viene tuttora avallato, distorto, sostenuto dai finti irriverenti, i traasgressivi di cartone, gli emuli abusivi di Frank Zappa, questi poveracci, che ogni tanto rispuntano a cassa, se no gli sale la carogna da astinenza? Questi, o la loro piccola canaglia di scorta,mi augurano di crepare perché affermo i miei sospetti, impegnandomi pure a dimostrarli? Perché traccio correlazioni talmente chiare, talmente evidenti, talmente inconfutabili che perfino chi mi cura, forse inconsapevolmente, me le fornisce? Cosa si pretende? Che uno, oltre a versare in una condizione critica, si faccia anche lobotomizzare? Ma io non parlo solo per me, io mi metto a nudo, con le mie borse sotto gli occhi che ci starebbero le chiavi e il telefono, con la mia faccia da chemio, con i miei sprofondi nello sconforto, anche per le centinaia che mi scrivono, sempre di più, sempre di più. Mi scrivono messaggi come questo: “Caro Max, sono rimasta molto toccata dalla sua storia. Anche io un carcinoma, dopo la ovvia terza dose.Vorrei scriverle la mia storia, se può servire a qualcosa, sperando di non importunarla. Cordiali saluti”. Segue firma, che non divulgo. E sentite quest'altra: “Il mio papà e la mia mamma son entrambi appena morti di raro tumore cerebrale, entrambi hanno accusato i primi sintomi subito dopo seconda dose, in un anno di calvario nessuno che ammettesse anche la più piccola correlazione. La polizia mi ha portato di peso fuori dall’ospedale ddue volte. Nella mia famiglia son morte 5 persone in 7 mesi, prima delle dosi erano tutti sani”.
Il ritegno strozzato delle vittime che è peggio di una coltellata, che ti stritola il cuore di pena e di tenerezza. Due, cinque, dieci, venti al giorno. Cento al giorno, e sono cento volte di più che ti senti malato, condannato. Disperato, per te e per loro. Lettore fidati. Ci dobbiamo fiducia a vicenda, lettore, e lealtà: io raccontandoti la verità delle situazioni, le mie, quelle degli altri, del dolore accolto e affidato, delle testimonianze dolcemente feroci; tu prendendola per vera: perché se insisti a chiedermi “le fonti, le fonti”, e poi io ti fornisco le fonti, e tu mi dici eh ma si possono truccare, e allora io mi sfinisco a cercare di dimostrarti che no, non c’è niente di inventato, ma è l’ennesima prova del diavolo, perché qui la mano sul fuoco non si mette per nessuno, e beh, allora il gioco non ha senso. Niente ha senso. Io sto qua a raccontarmi e fa male, fa sentire ancora più infermo e fragile, non hai idea della gente che sparisce quando non sei più tu, quando sei malato. Neanche portassi sfiga. Poi alla gente piace dire che sono un duro, un “guerriero”, ma la verità è che anche io sono di vetro e tutti i miei cocci, le mie schegge non le conto più. Le perdo per la strada. In questi cento giorni ormai ho prosciugato le lacrime, gli incubi, la disperazione che toglie ogni dignità; mi hanno visto come un cane sotto la pioggia dottori, sanitari, gente che mi conosce, e dove vivo sono per forza di cose una piccola celebrità, mi hanno visto trascinarmi in lacrime tutto rotto, ossa, tendini, muscoli, sangue, psiche, e si davano di gomito e mormoravano al mio passaggio. Non mi sono nascosto, perché ho riflettuto: sono un personaggio pubblico, arriverà il momento in cui perderò i capelli, avrò un aspetto da far schifo, non riuscirò quasi a fiatare: che senso ha nascondermi? Poi ho scoperto che questo mio rivelarmi poteva infondere, non so neanch’io come, conforto e vicinanza in migliaia di altri che stavano come o perfino peggio di me. Ho continuato, ma devi sapere lettore che ogni intervista, ogni risposta è come sprofondare di più nelle sabbie mobili del mio male. Che è un brutto male, è un tumore. È un cancro. È un linfoma. L’incubo di ogni essere umano. E te lo tieni e non ci credi, e nessuna preghiera evade dal silenzio di una risposta.
Quando si sta come me – come noi – non si è più come prima in questo senso preciso, che non fai più parte dei normali: loro sono sani o almeno credono di esserlo, come lo credevi tu fino a cento giorni fa, e adesso ti passano accanto, ti sfiorano e tu sei diverso. Tu sei malato. E lo sai solo tu ma, in fondo, lo capiscono tutti. Anche se cerchi di tenerlo nascosto. Ci spunta qualcosa di indefinibile ma inequivocabile, come un alone radioattivo intorno alla sagoma. Tu lotti per salvarti. Te lo si legge in faccia e lo capisci da come ti guardano. A me è capitato di essere raggiungibile, di avere un pubblico. Ma anche delle teste di cazzo che ti provocano, che ridono perché ti sei permesso di evidenziare coincidenze non smentibili tra ciò che ti hanno fatto, col ricatto, con la forza, con l’inganno, e ciò che ti ritrovi dentro. Quello che sei ormai.
Chi sono questi, cosa vogliono? Perché non siedono al posto mio, anche solo una volta? Giuro che gli basta una volta per vederli cambiare. Sentirsi non più parte dei normali, che ti passano accanto ma non ti vivono accanto. Ma neppure i medici tradiscono il feticismo dei primi tempi, non ne trovi quasi più disposti a giurare che il vaccino è il Padreterno, molti si sono resi conto che era il diavolo e sono imbarazzati, oserei dire vergognosi come chi sa di averti spinto, certo in buona fede, verso qualcosa di terribile, qualcosa per cui adesso debbono curarti. Sono stati causa di una causa. Non hanno avuto cuore di vedere chiaro, neppure loro. Sono stati ricattati, impauriti, ipnotizzati loro per primi. Io non lo so in quanti mi hanno confidato che il proprio dottore aveva categoricamente vietato loro di sottoporsi a un’altra dose, già in presenza di melanomi, mielomi, linfomi, carcinomi, dissesti del cuore, per combinazione insorti dopo avere assunto qualcosa che, da prodigioso, si era torto in micidiale. Io sarò anche merda, come mi hanno apostrofato, ma la mia ricostruzione volgarizzata di quanto mi è capitato sta in piedi ed è l’unica che regga alla logica della scienza. Poi maledire me è facile, provocare è facile, irridere è facile ma andrebbe tenuto conto che lo si fa, di riflesso, a milioni di persone, sventurati che si dibattono come pesci nell’apnea di una cosa così brutta, che non passa con due aspirine; che forse non passa più. Che umilia e ti lascia fuori dal cerchio dei normali. Mi ha incoraggiato un caro amico: “Arriverà, arriverà anche per loro, caro Max. Tu resisti. È solo questione di tempo”. Gli ho risposto che li aspetto. Sperando di avere abbastanza tempo.
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