06 Novembre 2021
Vaccino Covid (fonte foto Lapresse)
In una delle migliori pellicole degli anni ’70, un biondo Renato Pozzetto, indossate le vesti di un maestro elementare sui generis (Paolo Barca), venne proiettato in Sicilia per la prima nomina. Ignorando il significato di una nota “parola” dialettale, spesso adoperata come esclamazione in tutta Italia, adottò un ingegnoso stratagemma, per indurre i propri alunni ad offrirgli una spiegazione. Fece fare loro un tema, nel cui titolo quella parola venne affiancata a sostantivi ed aggettivi: dubbi, perplessità e incertezze. Il maestro ebbe così variegate risposte, ma alla fine ne capì il significato e le sue diverse declinazioni; condivise la scoperta coi suoi alunni dai quali, contemporaneamente, ricevette la loro fiducia.
Una forma rudimentale di ars maieutica, che secondo Platone induce l’interlocutore ad arrivare alla verità in modo naturale ed autentico. Un azzardato paragone, questo, ma strumentale a far comprendere se (ed in che misura) ciò che ci viene imposto da specialisti (più o meno autorevoli), da sedicenti scienziati e o da improvvisati divulgatori, rappresenti la verità.
Il riferimento, nel caso specifico, è alla terza dose del vaccino; o meglio, per non irritare gli irriducibili, il siero genico sperimentale, essendo stata oramai bandita la somministrazione di AstraZeneca, l’unico degno di essere definito tale (vaccino, nel senso tradizionale del termine), sul quale pure la comunicazione, anche istituzionale, ha svolto un compiuto deleterio.
I dubbi, evidentemente, permangono e soverchiano le certezze, almeno in chi scrive. I numeri, le statistiche, i dati, vengono letti ed interpretati secondo parametri soggettivi ed offrono un risultato differente a seconda di come li si vogliano interpretare. Insomma, la matematica è diventata un’opinione.
Non è chiaro, ascoltando le parole di autorevoli esponenti del CTS Ministeriale (cit. Prof. Sergio Abrignani, intervenuto a Piazza Pulita, su La7 del 4/11 u.s.), quale sia l’obiettivo da raggiungere: proteggere i fragili o immunizzare l’intera popolazione. Non è neppure chiara quale sia la durata della risposta immunologica dopo l’inoculazione del “vaccino” (la mono dose, che non è tale o la doppia che doveva essere singola), che pare variare a seconda del tipo. Non si comprende neanche se esistano parametri univoci (e validati) tali da far ritenere opportuna la terza inoculazione, in tutta la popolazione o solo in alcuni.
In questa discussione, ove tutto pare controverso, emergono granitiche le certezze e, di pari passo, stringenti gli obblighi. All’informazione allineata, ogni tanto, qualcuno cerca di sollevare obiezioni, perplessità ed incertezze. Tendenzialmente viene apostrofato come sensazionalista, talvolta come mentecatto, talaltra (in minima parte) osannato. Il dissenso, tuttavia, ove non sia strumentale o il frutto dell’ignoranza, è essenziale per alimentare il confronto e far comprendere se quella determinata scelta sia (o meno) corretta.
In un mondo nel quale ciascuno può dir ciò che vuole, senza timore di essere smentito, è necessario un approccio scientifico e dialogico, che consenta di maturare un consapevole convincimento; non un’imposizione che scateni reazioni scomposte. È fondamentale comprendere se la terza dose non comporti reazioni, che le prime due non hanno dato.
Di Andrea Migliavacca.
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