14 Giugno 2021
La variante Delta spaventa l'Inghilterra e non solo: ecco cosa sappiamo, dai sintomi fino all'efficacia dei vaccini anti-Covid. La mutazione del virus è arrivata anche in Italia, in particolare a Milano, dove si è registrato un focolaio in una palestra di Città Studi. Intanto il primo ministro britannico Boris Johnson ha rimandato le tanto attese riaperture totali del Paese e si è dichiarato "preoccupato" dal nuovo aumento dei casi.
Al momento quello che sappiamo sulla nuova variante Covid - detta appunto Delta - che si sta diffondendo in Inghilterra è che sembra trattarsi di quella indiana, ma con più alta trasmissibilità. “Se guardiamo ai dati oggi, di nuovo abbiamo un aumento dei ricoveri, un aumento dei casi, bisogna avere cautela” dichiara Johnson parlando alla Bbc a margine del vertice del G7, confermando così la linea di cautela e rimandando le riaperture.
“È chiaro che la variante sia più trasmissibile ed è anche vero che stanno aumentando i casi ed i livelli di ospedalizzazione – sottolinea ancora il premier inglese – e non sappiamo esattamente fino a che punto questo comporterà nuovi decessi, ma è chiaramente una questione molto, molto preoccupante”.
Il nuovo ceppo infatti risulta essere tra il 40% e il 60% più contagioso rispetto a quello inglese, il quale, a sua volta è il 50% più trasmissibile rispetto a quello originario del Covid. Basti pensare che ad oggi il 91% dei casi individuati nel Regno Unito sembrano essere provocati appunto dalla variante Delta. La letalità invece non sembra essere maggiore rispetto alle altre forme di Coronavirus.
I sintomi della variante Delta dunque sono gli stessi del Covid: tosse, difficoltà respiratorie, febbre alta, dolori muscolari e assenza di gusto, giusto per citarne qualcuno. Arriva però un'altra allarmante notizia: tra i decessi registrati in questi ultimi giorni in Inghilterra, 12 soggetti erano già stati vaccinati con entrambi le dosi necessarie contro il virus.
“I 12 morti nonostante il vaccino - rassicura però Fausto Baldanti, direttore del laboratorio di virologia del San Matteo di Pavia. - possono essere pazienti fragili. Esistono infatti persone che non rispondono nemmeno a due dosi per colpa di problemi al sistema immunitario o di altri disturbi di salute”.
“In Italia – spiega Massimo Ciccozzi, professore di Statistica medica ed epidemiologia al Campus Biomedico di Roma – il monitoraggio indica che la variante indiana è all’1%, ma si tratta probabilmente di un dato sottostimato. Per identificarla serve infatti il sequenziamento del genoma completo del coronavirus. È un’operazione complessa che da noi non viene svolta molto di frequente”.
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