Apocalissi annunciate, governi mai caduti e profezie smentite dai fatti
27 Dicembre 2025
L’autocritica che non c’è: la stampa progressista italiana prigioniera delle proprie profezie
Con uno stile, un’eleganza e soprattutto un coraggio che la stampa progressista italiana non ha mai mostrato, il Wall Street Journal – giornale notoriamente newyorkese e dichiaratamente antitrumpiano – ha scelto una strada tanto semplice quanto rivoluzionaria: l’autocritica. Invece di celebrare l’anno appena concluso con la consueta rassegna dei “fatti più importanti”, ha pubblicato l’elenco delle previsioni errate formulate dai propri giornalisti. Un gesto di trasparenza intellettuale raro, quasi eretico nel panorama mediatico contemporaneo. Chapeau.
Ora, proviamo per un momento a immaginare cosa accadrebbe se un esercizio analogo venisse compiuto dalla stampa progressista italiana da quando Giorgia Meloni è al governo. Il risultato sarebbe una lunga, imbarazzante collezione di titoli apocalittici mai tradottisi in realtà, di profezie politiche fallite, di desideri ideologici scambiati per analisi.
L’elenco è istruttivo.
Questi non sono incidenti isolati. Sono il sintomo di un giornalismo piegato all’ideologia, in cui la funzione informativa viene subordinata alla militanza, e l’analisi cede il passo alla tifoseria. Non si racconta ciò che accade, ma ciò che si vorrebbe accadesse. E quando la realtà smentisce la narrazione, non segue mai una rettifica, ma un nuovo titolo apocalittico.
Il risultato è sotto gli occhi di tutti: perdita di credibilità, calo dei lettori, crisi economica delle testate, passaggi di proprietà, redazioni ridotte all’osso. Non è una congiura, ma una conseguenza logica. Il pubblico, prima o poi, distingue tra informazione e propaganda.
L’autocritica del Wall Street Journal dimostra che un altro giornalismo è possibile: imperfetto, certo, ma onesto con se stesso. In Italia, invece, una parte consistente della stampa progressista continua a confondere l’auspicio con la notizia e l’ideologia con la realtà.
Ed è anche per questo che il suo declino non è un complotto politico, ma un fallimento professionale.
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