10 Dicembre 2025
Meloni e Trump, fonte: imagoeconomica
A Roma va in scena la giornata che nessuno racconta per com’è davvero. Zelensky arriva sperando in una sponda europea. Trova una porta aperta, sì. Ma dietro la porta c’è Trump, versione internazionale. E Meloni? È diventata la voce fuori campo dell’America trumpiana, che traduce, riporta, modula. Ma soprattutto fa il "controcanto" ai volenterosi europei che non a caso evitano ormai di invitarla ai loro incontri.
Le gole profonde che frequentano i salotti romani sono chiare: il presidente americano non vuole più perdere tempo. Piano di pace pronto, tempi stretti, “o così o niente”. Tra non troppo ci saranno le elezioni di midterm e Trump non le vincerà se il dossier Ucraina sarà ancora aperto.
E chi deve consegnare il plico a Zelensky?
Non Bruxelles.
Non Parigi.
Palazzo Chigi. Giorgia Meloni che secondo Trump deve fare l'ultimo passo (guarda caso subito dopo la riunione dei volenterosi) e convincere il leader ucraino ad alzare le mani e ad arrendersi.
IL DIALOGO CHE NON LEGGERETE NEI COMUNICATI
Zelensky arriva con la solita cartellina: modifiche, proposte, aggiustamenti concordati con gli europei.
Meloni lo ascolta. Annuisce. Prende tempo.
Ma poi cala la carta che pesa:
“Volodymyr, l’America vuole chiudere. Subito.”
Fine della poesia.
NOTA A MARGINE (MA PESANTE COME UN MACIGNO)
Da giorni, chi conta a Roma ripete la stessa frase:
“Giorgia è diventata la linea privilegiata con Washington. Se Trump vuole far arrivare un messaggio in Europa, passa da lei.”
Non è un titolo, è una funzione.
Non richiesta, ma subita.
IL NON-DICHIARATO
Zelensky lo sa. Lo vede. Lo percepisce nei gesti di Meloni, nel modo in cui misura ogni parola, quasi dovesse garantire che ogni sillaba resti nel perimetro gradito a Washington.
La premier fa la sua parte: sostiene Kiev, rassicura, promette supporto.
Ma anche lei capisce che il vento è cambiato.
E soffia da Ovest. Forte.
RETROSCENA BELLO PESANTE
Quando la riunione si chiude ufficialmente c’è diplomazia.
Dietro le quinte no.
Il segnale per Zelensky è chiaro: l’Europa non ha più il volante.
Trump ha già inserito la marcia.
E l’Italia, che piaccia o no, è il suo navigatore.
LE DUE FACCE DI QUESTA STORIA
– Zelensky: vuole prendere tempo, limare, discutere.
– Trump: vuole chiudere “prima che sia un problema politico interno”.
– Meloni: finisce per essere la postina di un ultimatum travestito da diplomazia.
Zelensky saluta dicendo di “fidarsi della Meloni”.
Traduzione per gli addetti ai lavori:
“So che non sei tu a decidere".
A Roma tutti hanno capito la stessa cosa:
la partita non si gioca più in Europa.
E il messaggio lo porta Giorgia.
Game over?
Game in corso.
Ma con le regole di Trump.
Di Ghost Dog
Il Giornale d'Italia è anche su Whatsapp. Clicca qui per iscriversi al canale e rimanere sempre aggiornati.
Articoli Recenti
Testata giornalistica registrata - Direttore responsabile Luca Greco - Reg. Trib. di Milano n°40 del 14/05/2020 - © 2025 - Il Giornale d'Italia