10 Novembre 2025
Nel teatrino della politica italiana, dove burattini e burattinai si confondono sul palcoscenico dello status quo, spunta — o meglio, rispunta — un personaggio che non si rassegna a restare nel coro: Carlo Calenda. Ex enfant prodige della tecnocrazia montiana, oggi senatore di un centrismo che oscilla tra l’autoironia e l’autolesionismo, ha deciso di immortalare sul braccio il Tryzub, simbolo ucraino dalle radici antiche e dalle ombre recenti.
Un gesto che molti hanno letto come slancio politico, altri come ricerca disperata di visibilità. E forse è entrambe le cose: Calenda è il raro esempio di politico che litiga con sé stesso, fonda un partito per contraddirsi, e riesce comunque ad arrivare in Parlamento — probabilmente votandosi da solo.
Il Tryzub richiama tanto il re Volodymyr il Grande quanto figure controverse come Stepan Bandera: un terreno scivoloso, insomma.
Così nasce l’ennesimo content moment: foto, post, hashtag #SlavaUkraini. La Russia reagisce piccata, accusandolo di non capire ciò che si è inciso addosso. Ma il colpo di teatro è servito: Calenda risponde da consumato attore — “La libertà vince sempre” — e incassa la scena.
Lui, l’anti-burattino che si crede regista, resta il vero protagonista. Tra un tweet e un’osteria, ricorda a tutti che in fondo la politica, da noi, è ancora la miglior commedia all’italiana.
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