Venerdì, 07 Novembre 2025

Seguici su

"La libertà innanzi tutto e sopra tutto"
Benedetto Croce «Il Giornale d'Italia» (10 agosto 1943)

Sul caso Almasri il governo ha commesso un solo errore: parlare troppo, doveva mettere il segreto di Stato e chiuderla lì

Il governo ora si ritrova in un pasticcio dove, un tempo, le opposizioni avrebbero creato le condizioni almeno di una crisi di governo con passaggio parlamentare delicato

06 Novembre 2025

Caso Almasri, Corte penale internazionale indaga sul governo italiano, Nordio ironizza: "Tutti indagano su tutto"

Almasri, fonte: imagoeconomica

Doveva mettere il segreto di Stato e chiuderla lì. Perchè ci sono questioni su cui il governo non deve in alcun modo aprire ai meccanismi della comunicazione e agire secondo la ragion di Stato (che può essere cruda) nella difesa dell’interesse nazionale. Anzi degli interessi nazionali.

Quindi la domanda di un esecutivo è ci sono interessi nazionali per la cui difesa siamo disposti a chiudere ogni tipo di comunicazione esterna? Secondo me la risposta era ed è affermativa. Ora purtroppo è tardi e ogni dichiarazione rischia di apparire una affannosa rincorsa. A maggior ragione con una inchiesta e un procedimento aperto.

Non è difficile capire quali sono gli interessi nazionali in gioco: la Libia è uno dei paesi con cui abbiamo profondi legami nell’industria energetica, legami talmente profondi che abbiamo sopportato parecchi compromessi e altrettanti capricci dell’allora indiscusso raid libico, quel Gheddafi le cui impronte arrivarono persino nell’azionariato della Juventus attraverso la società libica Lafico e lo sponsor della libica Tamoil. Tralascio il debutto in serie A del figlio di Gheddafi nel Perugia di Luciano Gaucci, operazione politica e commerciale: minuzie che però ci fanno capire il peso del petrolio. E infatti se dici Libia dici soprattutto snodi e corridoi energetici, dici giacimenti, dici contese per la prelazione e il controllo di aree fondamentali nell’area del Mediterraneo, quel mare che conferisce ai “suoi” paesi un peso politico che va maturato: nelle travagliate fasi della lunga Prima Repubblica l’Italia quel peso lo ebbe eccome e lo seppe fare valere nei contesti internazionali; nella Seconda (con Berlusconi e Prodi) quel peso non diminuì di molto sebbene il crescente peso dell’anglosfera e della Francia provocò lo smottamento del regime libico lasciando in fuorigioco l’allora governo italiano (anche perchè Napolitano accettò la logica delle fallimentari primavere arabe). I nuovi (dis)equilibri ovviamente hanno impattato sulla Terza Repubblica in uno scenario complesso, mobile, in piccola parte rivelato anche dal cosiddetto caso Almasri.

All’arresto di Almasri si arriva non perché la Corte Penale Internazionale sia riuscita oggi a essere più convincente rispetto a qualche mese fa, ma perché i nuovi interessi geopolitici e geoeconomici in gioco reggono l’arresto di Almasri e la “sostituzione” delle sue squadre. In poche parole il ricatto di Almasri si era progressivamente indebolito sul campo operativo e non godeva più delle coperture assolute, quelle che gli avevano consentito crediti illimitati in quanto uomo d’affari presso paradisi fiscali e almeno due passaporti, uno dei quali turco.

Non sono perciò casuali le voci per cui Ankara ha avuto un ruolo importante nell’arresto: Erdogan è un nuovo playmaker pesante nell’area mediterranea, non solo in quella mediorientale. La Turchia sta lavorando per conquistare posizioni (l’abbiamo visto con la Siria) e consolidare alleanze anche a costo di tenere più posizioni, come accade rispetto all’America di Trump, che lo ha voluto nel summit di pace a Gaza, e alla Cina di Xi Jinping, che lo ha accolto nell’ambito dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai. La Turchia collabora con la Tunisia e ha stretto importanti relazioni con la Libia, infatti il recente trilaterale con l’Italia lo aveva confermato.

E arriviamo così all’ultimo pezzo dell’interesse nazionale: il traffico di esseri umani. Chiudere questa o quella rotta ovvero controllare i porti di partenza è una operazione assai complessa, che richiede sottili meccanismi dove dietro le quinte i Buoni fanno accordi con i Cattivi, accordi riservati che passano da meccaniche di scambi commerciali e non solo. Accordi e relazioni che devono restare al buio, perché intrecciano pezzi di apparati che non possono essere svenduti per un pugno di like.
L’errore del governo Meloni è aver pensato di poter addomesticare la comunicazione e quindi non tutelare l’interesse nazionale opponendo il segreto di Stato, previo accordo tra gentiluomini con le opposizioni (alle quali non potevi negare un minimo di gioco parlamentare).

L’errore del governo è aver pensato di poter incassare l’intero jackpot. E invece ora si ritrova in un pasticcio dove, un tempo, le opposizioni avrebbero creato le condizioni almeno di una crisi di governo con passaggio parlamentare delicato. Agli italiani non interesserà granché di Almasri perché tutto sommato sa, per dirla con il generale Nathan (un grande Jack Nicholson) in Codice d’Onore che la libertà ha un prezzo in termini di verità. E quindi energia e meno immigrati non sono gratis. Quando Almasri fu arrestato in Italia è perché qualcuno lo aveva fatto scorrazzare liberamente in giro per l’Europa, insomma era materiale incandescente per tanti. Ora, invece, non lo è più. Ecco perchè la Libia può cominciare a regolare i suoi conti interni.

di Gianluigi Paragone

Il Giornale d'Italia è anche su Whatsapp. Clicca qui per iscriversi al canale e rimanere sempre aggiornati.

Commenti Scrivi e lascia un commento

Condividi le tue opinioni su Il Giornale d'Italia

Caratteri rimanenti: 400

Articoli Recenti

x