21 Ottobre 2025
Giuseppe Conte, fonte imagoconomica
Tanto rumore per nulla? Forse. Ma nel Movimento 5 Stelle il rumore è spesso l’anticamera del malcontento. Il caso Appendino ha agitato le acque più del previsto, ma — almeno per ora — non si intravede all’orizzonte né una conta interna né tantomeno un progetto di scissione. Chiara Appendino non ha i numeri (né sembra volerli cercare) per una sfida alla leadership di Giuseppe Conte. Tuttavia, le sue critiche, reiterate e calibrate, si fanno sentire. E nel silenzio un po’ impacciato del campo largo a sinistra, finiscono per pesare più delle intenzioni.
L’ex sindaca di Torino, del resto, continua a declinare il verbo del “progressismo indipendente”. Una linea che non prevede rotture frontali, ma che implicitamente mette in discussione la visione politica di Conte, giudicata troppo opaca, troppo attendista, poco incisiva. Nessun piano di rottura, ha assicurato Appendino ai suoi. Ma intanto una parte del Movimento — soprattutto tra i parlamentari di seconda fascia — ascolta, riflette, prende nota. E mentre lei nega di voler fondare una corrente, la corrente rischia di formarsi da sola, per osmosi.
Intanto Conte si prepara al rinnovo della leadership con un’investitura che si preannuncia plebiscitaria. Nessun rivale interno ha superato lo sbarramento delle 500 firme, e così il voto dal 23 al 26 ottobre sarà una formalità. Ma sarà dopo quel voto che si capirà la vera direzione del Movimento. Lì si giocherà la partita più interessante: quella dei vice.
I nomi in campo sono noti. Ettore Licheri, Francesco Silvestri e Vittoria Baldino, fedelissimi dell’ex premier, sono in prima fila. Ma si parla anche di Stefano Patuanelli, in quota pragmatica, e della possibile riconferma di Paola Taverna, che garantirebbe un ponte con le origini grilline. In questo risiko, però, a rischiare è Roberto Fico. L’ex presidente della Camera, che da mesi mantiene un profilo basso, è guardato con crescente diffidenza dai contiani, sospettato di non spendersi abbastanza per blindare il leader. E il mancato entusiasmo nella partita della presidenza non è passato inosservato.
Conte, nel frattempo, tira dritto. La linea è quella del consolidamento e del rilancio, con l’obiettivo di arrivare al 2027 senza fratture, ma con un’identità più chiara. Il campo largo è ancora un miraggio, e i rapporti con il Pd restano gelidi. Ma il leader M5S non vuole alzare i toni. Sa che la sfida si gioca sul terreno della coerenza, non della conta. E che i malumori, se ignorati troppo a lungo, possono diventare faglie.
Per ora, dunque, niente scissione. Ma il Movimento è tutt’altro che immobile.
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