11 Luglio 2025
Meloni, fonte: imagoeconomica
È da qualche settimana che sulla scrivania della premier Giorgia Meloni giace un dossier delicato, che riguarda il possibile passaggio di Marcello Gemmato, oggi sottosegretario alla Salute, al ruolo di Viceministro. A Palazzo Chigi confermano che la decisione non è ancora stata formalizzata, ma l’operazione avrebbe una logica politica ben precisa: dare un segnale forte sul potenziamento della medicina territoriale a favore delle farmacie e, allo stesso tempo, riequilibrare i pesi all’interno del Ministero guidato da Orazio Schillaci a favore di Fratelli d'Italia.
Dietro la possibile promozione, raccontano fonti di governo, c’è molto di più di una semplice questione di organigramma. Gemmato è considerato uno dei più ascoltati tra i parlamentari di Fratelli d’Italia sul dossier sanità e da tempo porta avanti il progetto chiamato “farmacia dei servizi”: trasformare progressivamente le farmacie in presidi diagnostici diffusi, dove i cittadini possano effettuare test e screening senza dover passare da un laboratorio specialistico o da un medico.
Un progetto ambizioso, che però non convince del tutto il ministro Schillaci, più prudente sul rischio di snaturare la funzione tradizionale delle farmacie e sul possibile incremento dei costi per il sistema sanitario nazionale. Secondo chi conosce bene il dossier, con la nomina a Viceministro Gemmato potrebbe ottenere deleghe mirate su telemedicina, assistenza territoriale e governance della spesa farmaceutica: un’area operativa strategica che gli consentirebbe di portare avanti la riforma senza passare ogni volta dall’ufficio del Ministro.
Il disegno di Palazzo Chigi è duplice: da un lato rafforzare la presenza politica di FdI in un settore cruciale, oggi affidato a un tecnico (Schillaci fu scelto in accordo con Forza Italia dopo il veto di Meloni a Ronzulli gradita a Silvio Berlusconi); dall’altro, dare un segnale concreto di attenzione ai territori, soprattutto in vista delle scadenze elettorali del 2027. La convinzione della premier, spiegano fonti parlamentari, è che le farmacie possano diventare un “ponte” tra il cittadino e il sistema sanitario, soprattutto nelle aree interne e nei piccoli centri, dove la carenza di medici è sempre più marcata.
Il nodo resta la copertura economica: la trasformazione delle farmacie in presidi diagnostici stabili comporta infatti una spesa importante, non solo per i rimborsi ma anche per la formazione del personale, le attrezzature, il controllo qualità. E qui si inserisce una riflessione che a Palazzo Chigi è tutt’altro che secondaria: evitare che la spinta alla “farmacia dei servizi” si traduca in un ulteriore aggravio per il Fondo sanitario nazionale.
La partita non è solo interna al Ministero. La nomina di un Viceministro comporta anche un aumento della dotazione organica del dicastero: dai 120 addetti della segreteria tecnica e politica agli oltre 130 previsti, con costi aggiuntivi che non tutti considerano indispensabili. Non a caso, tra gli alleati di governo (soprattutto in Forza Italia) si registra qualche perplessità: «Servirebbe prima chiarire la strategia complessiva per la sanità, più che aggiungere un’altra poltrona», osserva un deputato azzurro.
Ma nel frattempo, il progetto avanza. L’idea che guida Meloni – spiegano nel suo entourage – è che la sanità sia destinata a cambiare fisionomia: meno ospedale, più territorio, più tecnologia. E in questo scenario, un Viceministro politico forte, con deleghe specifiche, può fare la differenza.
Il dossier, per ora, resta fermo sulla scrivania della premier. Ma a via della Scrofa il conto alla rovescia è già iniziato. E se la decisione arriverà davvero, non sarà solo una questione di nomine: segnerà la direzione che Giorgia Meloni intende dare alla sanità italiana nei prossimi anni.
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