20 Maggio 2025
Fonte: Imagoeconomica
Che l’amor di patria sia una passione a geometria (molto) variabile da parte dei nostrani patrioti o sovranisti che dir si voglia lo si sapeva. Ma quando il presidente del Consiglio Giorgia Meloni scrive solennemente sui social che "il Tricolore non è un ornamento, è il simbolo vivo dell’unità nazionale", viene da chiedersi se stesse parlando alla sindaca di Merano o ai suoi alleati.
Già, perché basterebbe ricordare a "Giorgia" l’episodio in aula in cui il pentastellato Leonardo Donno cercò di consegnare un tricolore a Calderoli. Risposta del ministro? Uno sguardo tra lo schifato e l’infastidito, come se fosse un volantino pubblicitario del kebabbaro sotto casa.
E se allarghiamo il campo, non si può ignorare il passato “multibandiera” di Matteo Salvini. Quella stesso Matteo Salvini con il quale Giorgia Meloni ha messo in piedi l'attuale alleanza di governo della Repubblica Italiana. Anno 2011: ospite alla “Zanzara”, il leader leghista dichiara candidamente che “il tricolore non mi rappresenta non la sento come la mia bandiera”. "Il tricolore è solo la Nazionale di calcio, per cui non tifo". E infatti non tifava per la nazionale italiana di calcio. Nel 2000 tifava Francia, nel 2006 Germania, e nel 2018, durante i Mondiali, ha tifato “chiunque tranne la Francia”. Una coerenza da guinness dei primati.
Insomma, l’amor patrio dei sovranisti de noantri va forte a chiacchiere e fortissimo sui social ma forse sarebbe il caso di ricordare che chi oggi siede al governo o in Parlamento (percependone i relativi lauti stipendi) lo deve proprio grazie a quel tricolore che fino a ieri disprezzava.
W l’Italia, ma solo quando conviene.
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