24 Febbraio 2025
A Lodi chiedono il pass antifascista a Cruciani (come a tutti) altrimenti non può mettere piede in città. Vado a vedere la giunta di Lodi e trovo la seguente coalizione, guidata da un sindaco ragazzino di nemmeno 30 anni: “110 & Lodi-Europa Verde-SI Sinistra Italiana, Tommaso Premoli per Lodi Oggi Domani Insieme, Lodi Comune Solidale, Luca Scotti Lodi al Centro Cittadini per i Cittadini, Buongiorno Lodi, Partito Democratico, Movimento 5 Stelle, Lodi Civica Milanesi”. Insomma quelli di Ilaria Salis e compagnia bella. Da chiedersi che Comune c'è a Lodi ma soprattutto quale cittadinanza, gente matura, raziocinante o lunatici dell'infantilismo onirico e demagogico? Uno potrebbe rifiutare di dichiararsi antifascista, cioè sottrarsi alla prepotenza, ed esserlo lo stesso, anzi rifiutarsi proprio in quanto persona incompatibile con sensibilità antilibertarie; oppure potrebbe mentire, definirsi opportunisticamente antifà e tenere in casa divisa e fez, come faceva il compagno Mario Moretti, capo delle BR militariste, fin che cresceva a Porto San Giorgio in ambienti ultrafasci. A Lodi vige la logica vagamente fascista del pass antifascista, il pass come la tessera annonaria, senza non esci, non ti muovi, il pass ideologico o sanitario, quante dosi? Quanti tamponi? Il pass, vogliamo dire, quale documento di puro controllo, fittizio come un gioco di bambini ma nella logica del potere verticale, verticistico: sarà una formalità ma intanto lo accetti, ti adegui e se non lo accetti non puoi mettere piede in città, non puoi tenerci una conferenza, una coalizione visionaria di ultracomunisti decide il tuo diritto a esistere a Lodi. Poi che Cruciani in queste cose ci inzuppi il biscotto è un altro paio di maniche, comunque gli regala uno strumento mediatico strepitoso.
Il pass antifà di Lodi è l'altra faccia del pass elettorale e democratico negato ad Alice Wiesel capa degli ultraconservatori tedeschi di AfD passati dopo regolari elezioni a raddoppiare i voti ma tenuti fuori dalla coalizione democratica e un po' mafiosa dei perdenti. Alice, questa tipa sicuramente inquietante, ha cavalcato, dicono, le paure dei tedeschi: e che doveva fare, rinunciarci? In un Paese fuori controllo, sconvolto da quotidiani attentati islamici, eredità della politica irresponsabile e affaristica della Merkel che per suo successore di pezza ha scelto ha scelto una nullità assoluta come questo Scholz? Wiesel è uno curioso tipo di reductio ad hitlerum: donna, lesbica, unita ad una migrante dello Sri Lanka, ma per Dagospia, cui chissà perché vengono concesse libertà improponibili per chiunque altro, è una “nazi-lesbo”. Sarà così, ma Schlein non è una lenin-lesbo? Ma la segretaria piddina che balla col femminicida verbale Tony Effe sta nel solco della propaganda europeista che sforna balle in quantità industriale, dalla salute del papa ai vaccini agli Zelensky venduti come un vaccino o un'auto elettrica, e quindi va bene lei come le sue compagnie morali, come la Ilaria Salis fatta eleggere dalla succursale Bonelli e Fratoianni per non irritare la componente bigotta del partito egemone. A Schlein nessuno chiede il pass antimao o antilenin, non ce n'è bisogno, anzi più è verbalmente maoista o leninista (casato e censo non rilevano) e meglio si presenta: garantisce l'ANPI, la CGIL di Landini, mai visto un segretario sindacale odiare i lavoratori quanto lui. A noi libertari kamikaze, allergici ad ogni forma di potere, idiosincratici anche solo a una cena con un politico di potere, va bene tutto, anche sospettare di una lesbonazi fuori dal conformismo ladrone europeista, ma non prendiamoci in giro: la logica del pass antifà, quella è sì una logica autoritaria, la logica di Draghi, della finanza totale che ha sostituito la produzione, inglobato l'informazione, la ha stravolta in comunicazione e affidata agli influencer. Andare in giro col cartellino è come la lettera scarlatta, è lo stigma, la soggezione al controllo; è pure il fanatismo verso il teismo tecnologico o scientista, la convinzione che ci sia una ragione ultima e quasi metafisica, comunque indiscutibile che risolve le contraddizioni e le differenze, che chiude le bocche. O sei antifà col pass o non passi, non fai parte, non parli, non esprimi le tue convinzioni e nessuno potrà neppure confutartele, perché sono cancellate a prescindere. Bell'esempio di democrazia costruttiva, bel campione di libertà nel confronto!
Ma sotto pandemia che altro ha permesso la repressione concentrazionaria se non questa precisa logica? O eri plurivaccinato e certificato o non esistevi: non potevi avventurarti da nessuna parte, ti piovevano addosso le sanzioni, di chiaro stampo fascista, perdevi il lavoro, eri emarginato e l'odio nei tuoi confronti non era solo legittimato, era obbligato. Che di diverso dalle leggi razziali di fosca memoria? E difatti, puntualmente, a rimpiangerlo sono piddini, grillini e tutte le componenti che hanno trovato felice omogeneità nella democratica giunta lodigiana. Ai nostri tempi e democratici tempi, la libertà si difende con la privazione della libertà, col conformismo oppressivo, col populismo ipocrita e l'ortodossia bambinesca. Sarà che Lodi fu fondata o almeno rifondata da Federico Barbarossa, che come esempio democratico non era un granché, ma non è che Milano o Roma o Bologna siano poi messe tanto meglio a giudicare dalla proliferazione della burocrazia amministrativa che più si estende come una metastasi repressiva e meno problemi risolve e più ne origina.
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