06 Giugno 2024
Fonte: imagoeconomica
I vari scandali degli ultimi anni con in testa quello Palamara, hanno portato alla luce quanto era ben noto fin dai tempi di Mani Pulite: l’uso politico della giustizia. Questo assunto non è certamente il frutto di fantasie o di interpretazioni malevole, ma si riferisce direttamente a fatti, fatti pesanti, che hanno penalizzato prevalentemente partiti ed esponenti politici di centro e/o di centrodestra ed hanno soprattutto cambiato il corso della storia italiana. Siamo l’unico paese nel mondo occidentale e forse non solo li’, che ha subito, nel breve arco di pochi anni, l’incriminazione penale, arrivata spesso alla condanna, di ben cinque Presidenti del Consiglio: Giovanni Goria, Arnaldo Forlani, Giulio Andreotti, Bettino Craxi e Silvio Berlusconi, tutti rigorosamente di centro e di centro destra. Stando alle sentenze, saremmo pertanto l’unico paese europeo, ad essere stato governato a lungo da pregiudicati, alcuni dei quali anche in contumacia.
Ma non è finita qui! Qualche anno prima, la stessa sorte era capitata addirittura ad un Presidente della Repubblica, Giovanni Leone, Principe del foro di Napoli, rigorosamente di centrodestra. Fa abbastanza pena sentir parlare oggi di sacralità e di intoccabilità istituzionale della figura dell’attuale Presidente della Repubblica, ex PD, da parte di coloro che invocavano allora, a gran voce, le dimissioni e la galera per un innocente. Poi è iniziato il turno dei Presidenti delle Regioni, sempre a guida centro destra, a partire dalla Lombardia e dalla Sardegna, per arrivare oggi alla Liguria, con incriminazioni avvenute spesso prima di importanti elezioni nazionali o locali. La classe politica di sinistra è sempre stata la beneficiaria di tutti questi imbarazzanti accadimenti. La riprova di ciò è stato il continuo travaso in Parlamento nelle file delle sinistre, di magistrati diventati famosi per inchieste politiche: Gerardo D’Ambrosio, capo del pool di Mani Pulite e poi Capo della Procura di Milano, comunista dichiarato, eletto in Parlamento dal PD, immediatamente dopo la sua andata in pensione, Felice Casson, famoso PM a Venezia, Luciano Violante, l’accanito persecutore di Andreotti, premiato addirittura con la Presidenza della Camera dei Deputati ed ancora, tra i tanti, Pietro Grasso, Procuratore Nazionale Antimafia, famoso per l’altrettanto tristemente famoso processo Stato/Mafia ed elevato fino alla Presidenza del Senato ed infine Lui, Antonio Di Pietro, nominato da Romano Prodi, Ministro dei Lavori Pubblici, subito dopo le sue dimissioni da Magistrato.
Questi sono i fatti ed è difficile ritenerli giusti e casuali. Personalmente mi rifiuto di credere che i massimi esponenti politici italiani appartenenti al centro destra, fossero e siano tutti una banda di criminali, mentre intorno a loro regni soltanto normalità, onestà, moralità e candore, così come mi rifiuto di credere, che le cooperative rosse non abbiano mai finanziato le sinistre e che i loro capi fossero istituzionalmente al di sopra di ogni sospetto. Osserviamo oggi, fra i tanti, il recentissimo caso della Regione Puglia, contemporaneo a quello della Liguria: nei mesi scorsi, i media hanno ampiamente parlato di oltre cento, fra incriminazioni ed arresti per voto di scambio e di collusioni mafiose, di funzionari della principale azienda municipale di Bari, città governata per decenni dal PD. Centrale, in tali eventi, sembra essere, oltre al Sindaco, la figura del Presidente Michele Emiliano, ex Pubblico Ministero, colui che ha candidamente affermato di frequentare la casa della sorella del potente boss mafioso della città. Questo pandemonio sembra però non aver sortito finora l’interesse dei PM locali, magari con l’emissione di qualche miserabile avviso di garanzia, che non si nega mai a nessuno. Perché tutto ciò? È noto come, durante Mani Pulite, i dirigenti comunisti e tutte le sinistre in genere, siano state completamente risparmiate dalle inchieste e, se non fosse spuntato come un fungo, nella politica italiana, Silvio Berlusconi, le stesse probabilmente sarebbero al potere da decenni. Il poveretto ha poi pagato duramente questo sopruso, con una discutibilissima condanna penale ed una pesantissima condanna civile a versare la somma, record in Europa, di oltre settecento milioni di euro, a Carlo De Benedetti, primo tesserato del PD. È verissimo che queste distorsioni, riguardano generalmente i magistrati cosiddetti militanti, ma purtroppo sembrerebbero loro, come emerge dai documenti e dalle intercettazioni, i più autorevoli ed i più influenti della categoria.
La Magistratura non è un potere, ma un ordine autonomo dello Stato, il supremo organo di controllo della vita civile, politica ed economica dei cittadini italiani. La sua involuzione, fuori dai binari previsti dalla Costituzione e dalle leggi dello Stato, che si è avuta nel corso dei settanta anni di vita repubblicana, oltre ai tanti drammi umani e famigliari, causati dai tanti errori giudiziari, ha portato purtroppo anche alla crisi di importanti settori industriali, a partire da Mani Pulite in poi. Oggi il PD e le sinistre reazionarie difendono a spada tratta la conservazione e l’intoccabilità dell’attuale assetto della Magistratura, per continuare egoisticamente a difendere sé stessi. La teoria di questi signori è che dal dopoguerra ad oggi, l’unico settore che non ha mai avuto bisogno e non ha tuttora bisogno di aggiornarsi è stato ed è soltanto la Magistratura. “Si vede che avranno la loro convenienza!”, avrebbe detto la mia arguta nonnina. Il tutto naturalmente in nome della sacralità della Costituzione Italiana, della democrazia e della libertà. Fatte queste considerazioni, oggi non sorprende pertanto la reiterata levata di scudi, corporativa e reazionaria, sbandierata dall’Associazione Nazionale Magistrati e dalle sinistre, difronte alla corposa ed incisiva riforma proposta in questi giorni dal Governo. Quello delle sinistre è un atteggiamento di patriarcato politico, che vorrebbe continuare a consacrare come potere autonomo ed insindacabile e non come Ordinamento dello Stato, il settore giudiziario, così come previsto dalla nostra Costituzione. La differenza, tra le due definizioni che sembrerebbe quasi una questione di lana caprina, rappresenta invece la base dello Stato di Diritto, perché il potere politico, in una democrazia liberale, si esercita attraverso libere elezioni ed è ad esse che deve rispondere, mentre un ordinamento dello Stato si organizza attraverso pubblici concorsi ed è una funzione, che non può praticare diritti di veto e supplenze politiche. Un ordinamento invece che, come quello attuale, si autogestisce come potere autonomo e che non risponde a nessuno, non è previsto da nessuno. Augurarsi pertanto oggi che la Magistratura italiana sia modificata radicalmente, significa soltanto augurarsi che l’Italia riprenda finalmente il volo.
Di Pierfranco Faletti.
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