28 Marzo 2024
Antonio Angelucci
“La vendita dell’Agi - una delle principali agenzie di informazione primaria del Paese di proprietà dell'Eni, quindi di proprietà pubblica - ad Angelucci sarebbe di una gravità inaudita”. Così il deputato democratico, capogruppo nella commissione di vigilanza Rai, Stefano Graziano, nel corso del question time di oggi alla Camera. “Il ministro Giorgetti – ha aggiunto - avallerebbe la vendita a un parlamentare del suo stesso partito, che già di per sé è editore ed ha una grande concentrazione dal punto di vista editoriale, in netta violazione del Media Freedom Act deliberato qualche settimana fa dall’Unione europea”.
Quello che al Pd non sanno, lo aggiungiamo noi: la strategia di Angelucci mira a prendere anche la Dire per farne un unico grande gruppo e accorparla con Agi. "La Dire si può prendere ad una cifra simbolica" spiegano fonti di primo piano vicine al dossier. Senza spendere nulla. Ovviamente, una volta raggruppate le due redazioni partirebbero le razionalizzazioni del personale (eufemismo).
C'è però un grande vulnus nella strategia di palazzo Chigi (e dei suoi suggeritori) di far prendere le agenzie di stampa ad imprenditori amici. Il vulnus è che palazzo Chigi non ne ha bisogno. Le tiene al guinzaglio con i denari che eroga ogni anno. Nessuna agenzia di stampa si sognerebbe mai di mettersi contro il governo. Per definizione le agenzie di stampa sono sempre "coperte e allineate" ai desiderata di Chigi. Filogovernative. Perché dunque tutti questi giri di walzer? In ballo ci sono ambizioni politiche. E ne parleremo presto.
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