27 Luglio 2023
Twitter: @lakers751
Oggi ricorre il trentesimo anniversario della terribile strage di via Palestro, un oscuro capitolo nella storia della criminalità organizzata italiana, in cui il terrorismo mafioso tentò disperatamente di piegare lo Stato attraverso atti di violenza. La tragica notte tra il 27 e il 28 luglio 1993, un'esplosione squarciò la quiete della città eterna, distruggendo il Padiglione d'arte contemporanea e lasciando dietro di sé macerie e automobili devastate.
Il fatale evento si verificò poco dopo le 23, quando gran parte dell'attività quotidiana delle redazioni giornalistiche era già terminata. Tuttavia, in quel periodo agitato, durante la seconda estate di "Mani Pulite", la lotta contro la corruzione, la mafia e la criminalità non concedeva tregua.
La scena che i soccorritori trovarono in via Palestro era agghiacciante: il Padiglione d'arte contemporanea era stato parzialmente distrutto dalle fiamme divoranti, le automobili giacevano in pezzi, e i lampioni erano piegati dallo scoppio. Ma ciò che colpì più duramente fu la presenza dei corpi dilaniati di un vigile urbano e di tre vigili del fuoco, oltre a quello di un immigrato marocchino. L'attacco era avvenuto improvvisamente, quando qualcuno aveva notato del fumo bianco proveniente da una Fiat Uno e aveva avvertito una pattuglia di polizia in transito.
Il tempo fu troppo breve per agire. La miccia aveva già esaurito il suo tragitto, e l'esplosione colpì brutalmente il vigile urbano Alessandro Ferrari e i pompieri Carlo La Catena, Stefano Picerno e Sergio Pasotto. Driss Moussafir, un marocchino che dormiva su una panchina nelle vicinanze, venne ucciso da un pezzo di lamiera scagliato con violenza dall'onda d'urto. Quell'attentato colpì una città che si trovò all'improvviso in prima linea di una guerra che non si aspettava di dover affrontare.
Il cardinale Carlo Maria Martini, durante la celebrazione dei funerali delle vittime, condannò gli assassini come autori di una "infamia eterna", responsabili di "gratuita crudeltà" e "follia omicida". Le vittime vennero assimilate ai "servitori buoni". Le indagini si indirizzarono rapidamente verso la pista mafiosa. Gli anni seguenti portarono alla luce la verità grazie alle testimonianze dei pentiti, tra cui Gaspare Spatuzza, che delineò la strategia dei criminali nel tentativo di costringere lo Stato a scendere a compromessi. Il gruppo esecutivo coinvolto fu svelato e gli assassini condannati a lunghe pene detentive.
L'esplosivo utilizzato nell'attacco fu fornito da un pescatore, anch'esso condannato all'ergastolo, che recuperava proiettili dalle navi da guerra affondate. La base in cui venne preparata l'autobomba fu individuata in un pollaio di Caronno Pertusella.
"Ricorrono trent'anni da quella notte, tra il 27 e il 28 luglio del 1993, in cui la mafia effettuò gli attentati in via Palestro a Milano e davanti alle basiliche romane di San Giovanni in Laterano e di San Giorgio al Velabro", ha sottolineato il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel suo messaggio commemorativo. "A Milano fu una strage - scrive il Capo dello Stato - Persero la vita i vigili del fuoco Carlo La Catena, Sergio Pasotto e Stefano Picerno, l'agente di polizia municipale Alessandro Ferrari, il cittadino del Marocco Moussafir Driss. Tanti i feriti sia nel capoluogo lombardo sia a Roma. Alle vittime innocenti dello stragismo mafioso va il deferente pensiero della repubblica, mentre rivolgo ai loro familiari sentimenti di intensa solidarietà e vicinanza".
Mattarella ha rimarcato come quelle bombe dell'estate di 30 anni fa facessero parte di una "strategia terroristica che ha avuto il culmine", l'anno precedente, "negli agguati a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e che è proseguita fino a colpire siti artistici prestigiosi, simboli della bellezza e della storia del paese, luoghi di significativa identità religiosa. Si è trattato di una sfida alla nostra convivenza civile, di un tentativo di minacciare e piegare lo stato democratico, costringerlo ad allentare l'azione di contrasto al crimine e il rigore delle sanzioni penali. Fu un piano eversivo che è stato sconfitto. Parlamento, governo, magistratura e forze dell'ordine fecero sì che i capi mafiosi fossero assicurati alla giustizia e gli autori degli attentati in via Palestro, in San Giovanni in Laterano, in San Giorgio al Velabro, condannati. La logica criminale è stata respinta anzitutto dalla civiltà e dalla dignità di un popolo che non ha rinunciato alla propria libertà, che ha saputo esprimere una cultura e una coscienza collettive inconciliabili con la pretesa di sopraffazione e con la disumana violenza insita nelle organizzazioni mafiose. Milano, come Roma, come Palermo, sono state alla testa della reazione sociale e civile".
"Una lezione - conclude il capo dello Stato - che conferma come libertà e democrazia vadano continuamente difese, giorno dopo giorno, dalle varie forme di illegalità, dalle incursioni criminali che toccano anche campi inediti, dai tentativi di sconvolgere la libertà della vita della società e dell'economia. L'esperienza ha dimostrato che sconfiggere le mafie è possibile".
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