Meloni chiama Draghi: “Non ce l’ho con te, ma con l’Ue”. Che poi è la stessa cosa
Telefonata riparatrice del premier al predecessore, infastidito dalla presa di posizione del governo circa l’attuazione del Pnrr
Trova le differenze. “Non ce l’ho con te, ma con l’Unione europea”, ha detto il premier Giorgia Meloni durante una telefonata a Mario Draghi. Ecco: che differenza c’è tra l’Ue e Draghi, l’uomo che più di tutti incarna lo spirito di Bruxelles? Già: nessuna. L’ultimo contatto risale a pochi giorni fa. Meloni ha chiamato Draghi per spiegargli che non è lui il vero bersaglio del governo, semmai un certo strabismo dell’Europa sul Pnrr, ostile ai sovranisti e assai meno rigida con l’esecutivo precedente. Prova a sedare un fastidio, quello dell’ex banchiere, sempre più marcato. Che fatica a restare negli argini, come si intuisce ricostruendo un episodio accaduto una decina di giorni fa e che vale la pena riferire.
La presa di posizione di Giavazzi: “Chi dice che il Pnrr è in ritardo non sa come funziona”
Secondo la ricostruzione di Repubblica, attorno alla metà del mese il professore della Bocconi Francesco Giavazzi riceve una chiamata dalla trasmissione Mezz’ora in più. Lo invitano a partecipare alla puntata di domenica 26 marzo. L’ex consigliere economico di Draghi si riserva qualche ora per decidere. Nel frattempo, sente proprio Draghi, l’amico di una vita. Sa che in tv gli chiederanno delle accuse all’ex banchiere centrale mosse dall’esecutivo di Meloni sul Pnrr. È consapevole che tutti leggeranno le sue parole come il sentimento dell’ex premier, la proiezione pubblica di una profonda irritazione privata. Si consulta, allora. E accetta, già prevedendo quello che molti sanno: di lì a poco, la Commissione ufficializzerà l’ultimatum di un mese sulla terza tranche di finanziamenti all’Italia. Da ospite di Lucia Annunziata, Giavazzi sfodera toni soft e concetti sostanzialmente bruschi. E così, quando gli chiedono della promessa meloniana di un’operazione verità per denunciare i ritardi frutto dell’era Draghi, il professore replica: “Chi dice oggi che il Piano è in ritardo non capisce come funziona”. Pensa ai ministri dell’attuale esecutivo. Pensa a Meloni. Non sono parole spese a caso. Della linea da tenere, d’altra parte, ha discusso con Draghi. Evita affondi diretti, ma prende le distanze dal presente. “Non si potevano spendere immediatamente 190 miliardi, bisognava preparare l’assetto normativo. Ora bisogna essere pronti. E il ministro Fitto comincerà ad attuare le cose”. Il messaggio a Palazzo Chigi è secco: abbiamo lasciato le cose in ordine, ognuno si assuma le proprie responsabilità. Meloni risponda delle proprie. E si confronti con la riuscita o il fallimento della propria missione: “La montagna di soldi del Pnrr aiuterà il Paese, vale 12 punti del Pil in quattro anni. Difficile immaginare che nel 2023 si possa dunque fermare la crescita. A meno che non riusciremo a spendere questi soldi, nel qual caso torneremmo indietro. Ma spenderli è un nostro interesse, non c’entra Bruxelles”.
Draghi non ha gradito il ping pong di accuse sui fondi europei
Proprio dell’apparizione di Giavazzi si inizia a discutere nelle ore successive ai vertici del governo. Tutti, soprattutto nella strettissima cerchia di potere che circonda Meloni, interpretano l’apparizione come lo specchio di un fastidio profondo di Draghi. Il quale, intanto, non appare ad eventi pubblici. E questo perché conosce il peso delle sue parole, oltreconfine e sui mercati. Resta però il fatto che non gradisce il ping pong di accuse: l’ultima, in ordine di tempo, è arrivata da Salvini. Ma c’è dell’altro. C’è la convinzione che la situazione non potrà che peggiorare. Il timore è concentrato sulla rata di giugno 2023, ma soprattutto su quella di dicembre 2023. Si temono nuovi, pesanti ritardi. A quel punto l’esecutivo dovrà scegliere come muoversi, chi accusare, quanto tirare in causa (ancora) l’ex banchiere. “Io so solo che Draghi ha lasciato le cose in ordine”, sostiene Bruno Tabacci, sottosegretario a Palazzo Chigi con l’ex banchiere. "Ha promosso una transizione leale e ordinata. E loro adesso lo tirano in ballo. Difficile succeda, ma se Draghi dovesse seccarsi per davvero, ne vedremmo delle belle…”.