14 Febbraio 2023
La domanda epocale dopo ogni consultazione elettorale è la stessa: quanto influisce la propaganda, quanto la comunicazione al servizio dei vari partiti, quanto quelli che un tempo si definivano intellettuali di riferimento spostano da un'area all'altra, da un partito all'altro? A giudicare dall'ultima tornata, a poche ore dal principale evento televisivo, caratterizzato dalla Rai all'insegna della militanza più massiccia, la risposta sembrerebbe: niente. A Sanremo non c'è stata storia, ogni momento, ogni parola, ogni ospite è stato puntato come un missile da sinistra a destra. Benigni col servilismo costituzionale a Mattarella il quale era lì proprio per far capire al neopotere di destra che non gli avrebbe reso vita facile; i monologhi uno via l'altro dai quali apprendere che in Italia, con Meloni, la donna è penalizzata, c'è sessismo, c'è razzismo, non si fanno figli, i giovani restano in galera anche se sono bravi ragazzi, come Cospito. I cantanti erano totalmente all'insegna dell'inclusione gender. I provocatori come Fedez non si sono nascosti tra foto stracciate di politici destroidi, scenette di fluida patetica sessualità e provocatori inviti a Giorgia di legalizzare “Maria”. Perfino il vincitore Mengoni si è sentito in dovere di dire la sua: sul palco poche donne, doveva vincere una donna. Affermazione quantomeno stravagante in una rassegna in cui i generi sono stati formalmente aboliti e chi si ostinava a comportarsi etero puro era guardato come un curioso animale da compagnia.
Passano poche ore e la Destra sfonda: sfonda la Sinistra, anzitutto, sia pure nel quadro di una rinuncia a recarsi a votare che ha del clamoroso. Le testate e gli intellettuali di corte non capiscono che il messaggio giunto dal Festival è chiaro, inequivocabile: avete stancato. Così si rimettono all'opera “con più fame che pria” prefigurando gli scenari più apocalittici. Facessero loro: si vede che una débacle tanto umiliante non è servita, ideologicamente pensano che più si spinge sull'ideologia e più, a lungo andare, la realtà si adeguerà. Ma non si adegua, se mai si conclama. Majorino, il grande trombato, si consola in modo patetico, Letta, l'eterno perdente perde il ben dell'intelletto: è felice, sostiene, perché il PD è il primo partito di opposizione. Ma una opposizione che non tocca palla, che letteralmente non esiste. I commenti del giorno dopo non vanno molto oltre il fiele e la bile, l'autocritica era tipicamente staliniana: “Dove avete sbagliato, compagni?”. E le risposte non potevano che piovere sul bagnato: il partito è troppo distante, è autoreferenziale, è lontano dalla gente, bisogna tornare alla vera sinistra.
Quale sia questa vera sinistra nessuno lo ha mai spiegato, sì che ciascuno può farsene un'idea: quella comunista fuori ma riformista dentro, che cercava di tagliare le unghie al grande capitale? Quella movimentista, a sinistra del partito, che oggi rifluisce nel garantismo peloso per l'anarchico Cospito? Quella leninista che pretendeva di addomesticare le masse col partito alla guida? Allora vediamo: la sinistra comunista riformista era più che altro una foglia di fico per spartirsi il sottogoverno con i democristiani, usava la classe operaia come clava e si disinteressava del resto, piccoli imprenditori, piccoli autonomi, artigiani: tutti considerati evasori da spremere, l'unica ricetta era più stato, più dirigismo, dunque più sprechi e più tasse, anche più bonus che è quanto ha fatto la sinistra di regime negli ultimi tre anni. Ma coi bonus non si fa niente di buono, si tiene su il clientelismo e si alimentano le corruttele. La sinistra leninista è quella risorta negli ottimi propositi di Speranza, il ministro della disgrazia che, nero su bianco, sosteneva la pandemia essere un'ottima occasione per ricostruire una società in senso gramsciano, cioè indottrinata e succube. I risultati ci sono stati, purtroppo. La sinistra ultrà, dunque la più vera per definizione, è ridotta a un terrorismo proustiano che nei voti non ha superato lo zero virgola. Infine c'è il terzo polo che è un circolino per ricchi, creato da due ricchi, figli di ricchi, cui in età maggiore hanno regalato un partito per tenersi occupati. Adesso Calenda, lo stratega, dice: torniamo al partito unico, al leninismo, alle care notti dei lunghi coltelli da Politburo. Contenti loro, ancora una volta.
Ma seguitemi, retrocediamo un attimo a Sanremo, dimostrazione di geometrica potenza, come diceva il professor Franco Piperno dei brigatisti. Qui si è avuta la dimostrazione plastica della sinistra leninista moralista e del conseguente rifiuto del pubblico in veste elettorale. La sinistra non sinistra come oggi percepita è fatta da gente che ha scoperto il modo facile per arricchirsi e usa il vecchio trucco clericale, far sentire in peccato i fedeli i quali dopo decenni passati a constatare che se certi comportamenti li facevano loro erano vergognosi ma se li facevano i vescovi rossi erano leciti, li hanno mandati a spazzare. La Sinistra inoltre paga, e lo paga carissimo, il regime vaccinale insensato e arrogante, la sbirraglia, le intimidazioni, le menzogne, la disonestà diffusa, l'emersione di un ceto inedito ma ignobile, quello dei cosiddetti virologi (la trombata solenne di Pregliasco è già leggenda), paga la repressione che, in aggiunta, ha causato migliaia di vittime inutilmente, con applicazione demente, col il tipico zelo comunista insensato.
Anche per questo la popolazione non ne può più di insegnamenti calati dall'alto, di prediche, di monologhi, di priorità farlocche, di farsi svitare la testa per farsela riavvitare alla rovescia. Tanto più che il modello offerto è innaturale. Cambiare sesso, dieta, auto, mettere il cappotto alla casetta, buttarci centocinquantamila euro e per di più sentirmi dire che resto comunque un coglione?
Il genderismo, il gretismo, il carrierismo metoo, non sono roba che possa coinvolgere. A Sanremo le molestie sessuali ci sono state sul serio, principalmente verso i bambini che avranno assistito coi genitori, ma nessuno si è scomodato anzi sono fioccati tweet deliranti come quello della ex onorevole Cirinnà in difesa delle incularelle tra Rosa il Chimico e Rosa il Comico. A dimostrazione che tra i professionisti del potere e gli amministrati non c'è un fossato, c'è un abisso. Diciamo pure che hanno saturato anche i pauperisti a 5 stelle, inteso come resort. Sono andati tutti troppo oltre e di fronte avevano cittadini già disillusi, elettori rinunciatari i quali avvertono che il neoliberismo pragmatico ha fatto peggio che cancellare la politica, la ha confinata ad un ruolo ancillare, di esecutrice dei propri programmi. La sovranità finanziaria globale prevede il Bengodi per pochi e la permacrisi, come la chiama la baronessa Ursula, per tutti gli altri. Ma il gioco di far sentire i poveri colpevoli di essere tali non funziona più e non è questione di calvinismo ma, più prosaicamente, di una politica che si è consegnata ai comitati d'affari delle grandi industrie e delle grandi banche che vedono nella UE la loro camera di compensazione.
Ecco, se la sinistra vuole davvero ritrovare un senso, potrebbe cominciare a sottrarsi a queste logiche. Ma lo vuole davvero? È pronta a pagarne il prezzo, per dire togliere le mani sulle grandi mangiatoie interne e internazionali, dalla Rai ai percorsi dorati che la portano ora in Qatar, ora in Cina, ora in Iran? Una cosa è certa, il trucco della democrazia negativa, del regime per trascinamento, non funziona più. Il potere ideologico e radicato che si difende e si perpetua al di fuori delle elezioni non fa più presa, come i monologhi e le mene affaristiche dei Ferragnez. Non è servito alla sinistra più o meno “vera” nemmeno l'incendio della prateria a scintille di garantismo strategico per il Cospito della situazione. È difficile pensarsi, ritrovarsi a sinistra oggi: non si riesce neppure a far digerire a parecchio elettorato la scelta in favore dell'Ucraina a causa della stupida tradizione antiamericana. E nessuno ha il fegato di spiegare che un conto è un popolo invaso e martoriato, un altro un leader cialtronesco e pericoloso. Ma la destra non si illuda: non è vero che sia stata premiata l'azione di Giorgia Meloni, finora esangue e contraddittoria: è l'esasperazione, è la stanchezza, perfino l'insofferenza dell'elettore comune, che per il momento preferisce restare alla finestra, ma senza farsi chissà quali illusioni: appena questi metton su la spocchia dei Majorino e delle Malpezzi, vengono puniti. E succederà perché il comando è la droga peggiore. Certo però che una legnata simile relega la Sinistra fuori dal potere concreto e dalla storia.
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