04 Gennaio 2023
Fonte: Imago
Un centinaio di politici ha già reso pubbliche online le proprie dichiarazioni patrimoniali, come previsto dalla legge, ma l'opacità (e non solo metaforica) regna sovrana. I documenti di molti hanno i nomi cancellati di coloro che li hanno finanziati in campagna elettorale.
Dal 1982 è obbligatorio per i parlamentari, che siano deputati o senatori, rendere noto alla camera di appartenenza la loro situazione patrimoniale. I documenti obbligatori riguardano la dichiarazione dei redditi e in che modo sono state finanziate le campagne elettorali.
L'esigenza di trasparenza della situazione patrimoniale di chi concorre alla vita parlamentare nazionale, e delle modalità con cui ricorre alle risorse economiche per sostenere la propria attività politica, risponde alla ratio di diverse leggi che negli ultimi decenni hanno disciplinato la materia. Queste informazioni vengono poi rese note agli elettori in un bollettino cartaceo ogni anno.
Dal '93 si obbliga anche a rendere pubblico le spese ed i contributi relativi alla campagna elettorale, tanto per i candidati eletti e non eletti. Dal 2010 possono scegliere di rendere pubblica la documentazione patrimoniale sul sito online del Parlamento. E ora, fatta la legge, si trova anche il cavillo.
Molti parlamentari, infatti, pubblicano le cifre dei propri finanziamenti ma oscurano chi li ha inviati. Secondo Openpolis solo lo 0,4% non elimina il nome dell'ente o del privato da cui hanno preso soldi. E questo 0,4% corrisponde solo a 4 nomi: Laura Garavini (Pd), Andrea Vallascas (M5S) , Mariastella Gelmini (Fi-Pdl) e Gian Luca Galletti (Ap). Qual è il senso delle leggi sulla trasparenza, allora?
La legge dà tempo fino a marzo per dare la documentazione. Per il momento è assente nel profilo di quasi tutti i leader politici, da Giorgia Meloni a Enrico Letta, da Giuseppe Conte a Matteo Salvini, da Carlo Calenda a Silvio Berlusconi e Matteo Renzi. Ad oggi sono già disponibili online le situazioni patrimoniali di un centinaio di parlamentari: tutti mostrano la cifra, ma nessuno rivela il nome del finanziatore, che sia persona fisica o ente.
Angelo Bonelli, presidente di Europa Verde e deputato con l'AVS, inserisce nella documentazione addirittura i movimenti del proprio conto corrente bancario, ma non è visibile nulla, solo un addebito di 1000 euro.
Oscurati allo stesso modo tutti i finanziatori di Chiara Colosimo, di Fratelli di Italia, che ha raccolto per la sua campagna elettorale 24.500 euro.
Virginio Merola, l’ex sindaco di Bologna del Pd, ha ricevuto un contributo da 18 mila euro e uno da 5 mila euro chissà da chi.
La legge del 2013 scritta da Enrico Letta e fatta approvare da Matteo Renzi nel 2014 offre la possibilità ai finanziatori di restare anonimi, anche quando supportano con contributi fino a 100 mila euro gli stessi partiti politici. Se non c’è il loro consenso né partiti né singoli esponenti politici possono rendere pubblici i sostenitori della politica.
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