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Manovra, Meloni esclude dietrofront dopo l'incontro con i sindacati: "Non cambieremo idea su Rdc"

La premier Giorgia Meloni: "Ritocchi minimi sulla manovra 2023. I capisaldi non si toccano"

08 Dicembre 2022

Manovra, Meloni esclude dietrofront dopo l'incontro con i sindacati: "Non cambieremo idea su Rdc e pensioni"

fonte: imagoeconomica.it

Dopo l'incontro con i sindacati ieri, mercoledì 7 dicembre 2022, la premier Giorgia Meloni si mostra sicura e annuncia che non farà nessun dietrofront sui "capisaldi" della manovra 2023, come il Reddito di cittadinanza. "Se ci saranno ritocchi, saranno minimi", sostiene la Presidente del Consiglio. Dall'altra parte e i leader di Cgil e Uil si dicono "non soddisfatti" e "non convinti" del faccia a faccia con Meloni.

Manovra, Meloni esclude dietrofront dopo l'incontro con i sindacati: "Non cambieremo idea su Rdc"

Il governo Meloni apre alla possibilità di rimettere mano ad alcune norme inserite in manovra 2023 ma non convince Cgil e Uil che confermano gli scioperi regionali proclamati nei giorni scorsi contro la legge di stabilità; così il 12 incroceranno le braccia i lavoratori della Calabria, il 13 sarà la volta della Sicilia e dell’Umbria, la Puglia sciopererà giovedì 14 dicembre mentre giovedì incroceranno le braccia i lavoratori di Abruzzo, Marche e Piemonte e venerdì 16 dicembre si fermeranno tutte le altre regioni dall'Alto Adige al Lazio.

Fumata nera dunque per Cgil e Uil al secondo round tra governo e sindacati sulla manovra. Soddisfatta invece la Cisl di Luigi Sbarra, che già aveva ricusato lo sciopero proclamato dai sindacati cugini, sulla 'grande disponibilità a modificare la manovra", arrivata dal premier. Annotazione positiva anche dall'Ugl: "Il momento è difficile e non è l'ora della piazza ma del dialogo'', ha spiegato il segretario Paolo Capone.

Le risposte arrivate dal premier Meloni dunque, scandiva il leader Cgil Maurizio Landini al termine, "hanno confermato le profonde distanze sul fisco e la precarietà e anche sulla tutela del potere d'acquisto: avevamo chiesto un taglio cuneo del 5% e l’introduzione del fiscal drag ma non sono arrivate risposte se non un generico "valuteremo le risorse". Risposte che hanno reso perciò evidente, la necessità di "proseguire la mobilitazione". In linea anche la Uil di Pierpaolo Bombardieri. "Abbiamo ribadito il nostro giudizio negativo. Non c è stata nessuna risposta nè su salari e pensioni nè sul cuneo fiscale".

Non è bastato dunque il riconoscimento da parte della premier di richieste sindacali "sensate" e la volontà di intervenire, previa valutazione dei costi, sui capitoli relativi alla detassazione dei contratti, al taglio del cuneo fiscale, allo stop alla perequazione previdenziale e alla modifica di Opzione donna, per disinnescare la protesta sindacale. "Siamo sostanzialmente disponibili a ragionare su alcune cose: prendiamo l'impegno a farlo nel più breve tempo possibile. Spero di poter fare qualcosa di più, sin da subito", aveva detto in apertura, secondo fonti presenti all'incontro, il premier Meloni assicurando che il governo avrebbe per questo "lavorato in Cdm per realizzarle nei tempi più brevi possibili".

D'altra parte, annotava Meloni se "molte delle proposte sono sensate, spetta però al governo la responsabilità di fare le scelte. Se mettessimo in fila tutte le richieste non ci sarebbero mai le risorse per fare tutto", sottolineava. Così sulla detassazione degli aumenti contrattuali, "sarei d’accordo ma faremo le quantificazioni perché è opportuno costruire un condizionamento, un legame con le aziende sulla base di comportamenti virtuosi".

E ancora sul taglio del cuneo fiscale: "abbiamo voluto dare un segnale ma vogliamo fare di più, queste sono state scelte di emergenza ma siamo d'accordo che il tema del taglio del costo del lavoro sia una priorità: sarei felicissima di poter fare di più, il problema sono le coperture" , riconosceva ancora Meloni al tavolo prima di passare al capitolo 'pensioni', l'unico su cui la volontà di intervento appare più decisa. Sullo stop all'indicizzazione degli assegni infatti, il governo "si riserva un ulteriore valutazione sulle soglie", annunciava difendendo però al tempo stesso la selezione operata dalla norma inserita in manovra: "abbiamo deciso di aiutare chi non ce la faceva" e, visti i margini di spesa ridotti, "abbiamo dovuto operare delle scelte", spiegava.

 

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