22 Febbraio 2021
Fonte: lapresse.it
Il ministro dei Beni culturali Dario Franceschini, a proposito delle restrizioni Covid, ha esortato a "ragionare della riapertura" dei luoghi della cultura. In un’intervista al Corriere della Sera ha confessato che "in questi mesi abbiamo capito che i luoghi più pericolosi sono quelli dove ti togli la mascherina: ristoranti, bar, case private. Nei teatri e nei cinema, già nella riapertura estiva, c’erano misure di sicurezza molto rigide che si sono rivelate efficienti: mascherina, distanziamento, igienizzazione delle mani, sanificazione dei locali".
"Ad oggi, teatri e cinema sono chiusi in Francia, Germania, Regno Unito, Belgio, Portogallo", ha continuato il Ministro. "Ma siccome l’Italia è l’Italia vorrei che fossimo i primi a riaprire. L’operazione va fatta non con i proclami né con gli annunci ma per passi possibili".
Dario Franceschini è passato poi a evidenziare il buon andamento delle riaperture graduali dei musei. Tuttavia i dati del settore rimangono drammatici. Nel 2020 si è registrato un calo degli eventi del 70% e un calo degli ingressi del 72,90%. "Sto riproponendo aiuti in modo consistente per il nuovo decreto Ristori. Finché non lavorano, occorre sostenere gli operatori del settore al di là del tipo di contratto che avevano". Eppure, continua, è arrivato il momento in cui "bisogna ragionare della riapertura".
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Ovviamente non so conoscono ancora le possibili date. Tutto dipende dall'andamento dell'epidemia. "Ho chiesto al Comitato tecnico-scientifico un incontro urgente", ha però spiegato il ministro, "mi confronterò poi collegialmente col governo, perché non sono certo io a decidere da solo, e col Cts per individuare tempi e modalità. Però penso che teatri e cinema, con severe e adeguate misure, siano più sicuri di altri locali già aperti oggi. E credo che l’Italia, più di altri Paesi, abbia bisogno come l’ossigeno di tornare ad avere un’offerta culturale".
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Infine: "Lo ha detto bene il presidente Draghi. Le città italiane senza teatri e cinema e le piazze senza musica sono più tristi: così l’Italia non è l’Italia".
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