03 Febbraio 2021
Dai gilet gialli di Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista alle cravatte di Mario Draghi. L'ennesima crisi di governo italiana, orchestrata con politica arguzia da Matteo Renzi, potrebbe avere un happy ending come nelle fiabe della Disney. Dopo l'interregno dei "cattivoni" pentastellati, privi di raziocinio diplomatico e fautori di amicizie internazionali quantomeno pericolose, arriva l'uomo col mantello. Non sarà un caso che Draghi viene chiamato Super Mario.
E avere un governo Draghi sarebbe una svolta super per davvero, sotto il profilo della politica estera e della rispettabilità dell'Italia e del mondo. I due esecutivi Conte hanno mortificato il livello della diplomazia tricolore su scala globale, in modo diverso ma con lo stesso identico risultato: il nostro paese non conta nulla né in Europa né al di fuori del Vecchio Continente.
Il governo gialloverde aveva firmato il memorandum of understanding per l'adesione alla Via della Seta della Cina di Xi Jinping. I vari Conte, Di Maio, Di Battista, Grillo ma anche esponenti della Lega come gli ex sottosegretari Michele Geraci ed Edoardo Rixi lo avevano dipinto come un progetto puramente commerciale e infrastrutturale. Bontà loro. Come tutti sanno, il piano cinese invade anche la sfera geopolitica. Tanto che quell'accordo ci è costato le ire di Stati Uniti e alleati europei. Non che fare affari con Pechino debba essere un tabù, ma firmare un accordo politico è tutt'altra cosa.
Difficile se ne potesse accorgere Di Maio, d'altronde, che a Shanghai era riuscito anche a offendere il padrone di casa con il suo famigerato "presidente Ping" rivolto al presidente Xi. Ping, abbreviativo/vezzeggiativo del nome proprio, non del cognome. Un po' come se un ministro cinese venisse in Italia e si rivolgesse a Mattarella chiamandolo "Sergino" o "Sergiuccio".
Ovviamente non è finita qui. Al di là delle terrificanti gaffe storico culturali dei grillini su Venezuela, Cile, Pinochet e quant'altro a coprirci di imbarazzo c'è stato anche il caso Savoini, che ha svelato i legami tra la Lega e il partito Russia Unita di Vladimir Putin. Legami che hanno giocato un ruolo nella fine dell'esperienza del governo Conte I. Salvini pensava di far valere rapporti privilegiati che non aveva. Già, perché Donald Trump aveva scelto come suo cavallo "Giuseppi" Conte. Non tanto per le sue qualità o per il suo peso all'estero, ma perché lo stava utilizzando nell'affaire Barr, cioè quando mandò a Roma il suo ex procuratore generale per procacciare "prove" a suo sostegno sul dossier Russiagate. Peccato che i vertici dell'intelligence italiana non potrebbero incontrare rappresentanti politici stranieri. Da qui la spinosa questione dei Servizi Segreti sulla quale Renzi ha puntato sapendo di toccare un nervo più che scoperto di Conte.
Come dimenticare poi l'imbarazzante trasferta francese della coppia Di Maio-Di Battista, quando nel bel mezzo delle (violente) proteste di quasi due anni fa l'allegro duo incontrò alcuni esponenti dei gilet gialli? Emmanuel Macron, inorridito, ci è alla fine passato sopra più per istinto compassionevole che per comprensione, probabilmente sospirando il celebre "ah, les Italiens" transalpino.
Per elencare tutte le manchevolezze in politica estera dei due esecutivi Conte servirebbe maggiore spazio, basti ricordare il silenzio di Conte sui drammatici fatti di Capitol Hill, che lo hanno di fatto reso impresentabile di fronte agli Stati Uniti di Joe Biden.
Ecco, con Draghi la musica cambia. L'ex presidente di Bankitalia e della Bce è considerato il salvatore dell'euro, e dunque dell'Unione europea, ha rapporti stretti con Angela Merkel (alla quale non è costretto ad avvicinarsi al bancone del bar come fatto da Conte) e con l'ex amministrazione Obama diventata ora amministrazione Biden. Con lui l'Italia tornerebbe a contare, e tanto, in Europa e persino nel mondo. Pia illusione fino a circa 24 ore fa. Senza dimenticare che a settembre la cancelliera si dovrebbe ritirare e che il suo erede designato, Macron, è atteso dalla sfida elettorale della primavera 2022. Sia mai che l'Italia oltre a un presidente del consiglio si ritrova in casa il prossimo leader europeo?
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