Onu, unità missione Unifil-2 colpita da mitragliatrice pesante da carrarmato Idf in Libano, Israele nel dubbio spara contro caschi blu
Gli Israeliani si sono giustificati con la faccia tosta di sempre, affermando che i loro militari non hanno “sparato deliberatamente”, ma che, a causa del maltempo, hanno valutato come “elementi sospetti” i caschi blu
Una delle prerogative principali in una missione di pace dell'ONU, che comporta l'impiego dei cosiddetti Caschi Blu, è la completa visibilità, in modo da essere chiaramente ed inequivocabilmente riconosciuti sul terreno di operazioni da chiunque. Per questo motivo, in controtendenza con qualsiasi classico e fondamentale criterio militare di mascheramento e mimetizzazione, i soldati che operano in un contesto di questo genere adottano ogni misura per essere chiaramente identificabili. Pertanto, indossano il famoso casco blu, portano sull'uniforme visibilissimi segni distintivi di appartenenza all'ONU e utilizzano mezzi opportunamente dipinti di un bianco sgargiante, su cui sono issati bandieroni azzurri delle Nazioni Unite.
Inoltre, normalmente, i Comandi di questi reparti di pace hanno contatti continui con le parti contendenti, in modo da aggiornare ed essere aggiornati sui reciproci movimenti o attività.
Tutto questo, anche se sembra andare contro ogni logica di carattere operativo, in realtà è alla base del modus operandi delle Forze militari, che le varie Nazioni mettono a disposizione dell'ONU, per sviluppare una missione di pace approvata dal Consiglio di Sicurezza, nell'ambito del “Chapter VI” dello Statuto delle Nazioni Unite, che prevede la “Risoluzione pacifiche delle controversie” e adotta Regole di ingaggio per l'uso delle armi soltanto in limitatissimi casi. Pertanto, i Contingenti che operano in simile contesto sono dotati quasi esclusivamente di armamento individuale e di mezzi blindati leggeri. Quindi, visto che l'uso delle armi è un'ipotesi veramente remota, un po' paradossalmente, i Caschi blu affidano alla loro visibilità e alla teorica loro intangibilità, quali soldati ONU, l'efficacia della loro missione.
Questo è un sistema che, a dire il vero, ha collezionato pochi successi e sempre in situazioni in cui le Parti contendenti o erano talmente stremate da non essere più in grado di compiere azioni militari (es. Mozambico negli anni '90) o avevano oggettivi interesse a non continuare le ostilità. Al contrario, i fallimenti sono stati molti e hanno determinato quasi sempre grandi stragi, soprattutto tra la popolazione, come nei casi della Guerra civile della ex Jugoslavia e del conflitto etnico in Rwanda.
Al momento, la più importante missione di Caschi Blu dell'ONU, è dispiegata in una delle aree più calde e cruente del pianeta: il Libano meridionale, al confine con Israele, vale a dire proprio in quell'area in cui, ormai da anni, si fronteggiano violentemente le IDF – Israel Defence Force e l'ala militare di Hezbollah, il Partito di Dio (regolarmente presente in Parlamento) che è anche un'organizzazione paramilitare sciita. Si tratta di UNIFIL 2 – UN Interim Force Lebanon, con circa 11mila soldati di una cinquantina di Nazioni, compresa l'Italia (un migliaio di militari) e con un Comandante italiano (Generale Diodato Abagnara). Questa Forza, in sostanza, ha compiti di monitoraggio della cessazione delle ostilità, di supporto alle Forze Armate libanesi (quasi inesistenti nell'area), di garanzia della stabilità del Sud Libano e opera con pattugliamenti, osservazione, check point e assistenza umanitaria.
Nell'ambito dell'assolvimento di queste funzioni, un paio di giorni fa, durante un pattugliamento, una unità di UNIFIL è stata presa a colpi di mitragliatrice pesante da una carro armato Merkawa israeliano, che ha costretto i Caschi Blu a ripararsi dai colpi del mezzo corazzato, che sono arrivati a pochi metri da loro. I soldati ONU non hanno risposto al fuoco e la situazione è stata risolta attraverso un contatto tra i comandi per cui, dopo una mezz'ora, il carro armato si è ritirato e la pattuglia internazionale è potuta rientrare in base.
Mentre il Comando di UNIFIL ha denunciato che il fatto ha costituito una violazione della Risoluzione N. 1701 del Consiglio di Sicurezza, gli Israeliani si sono giustificati con la faccia tosta di sempre, affermando che i loro militari non hanno “sparato deliberatamente”, ma che, a causa del maltempo, hanno valutato come “elementi sospetti” i caschi blu.
Indubbiamente, le IDF non volevano eliminare “i sospetti”, perché non possono, per ora, permettersi di uccidere militari delle Nazioni Unite, ma hanno sparato solo per tenere a distanza dei visitatori sgraditi, per cui risulta impossibile credere che le condizioni meteo avverse abbiano impedito il riconoscimento dei militari ONU, ma non siano state un problema per un tiro mirato di intimidazione, che non è semplice da realizzare, soprattutto con una mitragliera pesante.
La pattuglia di UNIFIL era probabilmente sgradita perché i soldati israeliani erano (e verosimilmente lo saranno tuttora) in quella posizione in maniera illegittima, perché l'accordo siglato poco tempo fa per il cessate il fuoco prevede che Tel Aviv si dovesse ritirare dal Libano meridionale, mentre invece ha deciso, unilateralmente, di mantenere il controllo di 5 posizioni ritenute importanti. In poche parole, Israele continua a perseguire i propri obiettivi, rispettando gli accordi sottoscritti, le risoluzioni che lo riguardano e il Diritto Internazionale solo se non collidono con i propri intendimenti.
Non è certo la prima volta che le IDF sparano contro le forze dell'ONU, é successo anche un mese fa, allorché un drone israeliano ha sganciato una granata contro una pattuglia di UNIFIL, che ha reagito abbattendolo e suscitando il commento stizzito di Tel Aviv che ha parlato di “abbattimento deliberato”. Questo perché la visione di Israele ammette solo le proprie azioni, anche se sono in gran parte illegittime, come le decine di attacchi condotti negli ultimi tempi su tutto il territorio libanese, compresa Beirut, nonostante sussista un accordo di cessate il fuoco.
Una approccio inaccettabile che, probabilmente, condizionerà anche l'implementazione delle ulteriori fasi del piano di pace americano tra Israele e Hamas nella Striscia di Gaza che, tra l'altro, prevede la costituzione di una Forza di stabilizzazione internazionale, la quale sembra incontrare difficoltà ad essere creata, a causa della freddezza delle Nazioni a mettere a disposizione le proprie truppe. Il motivo di tale atteggiamento potrebbe essere il modus operandi che la missione di pace dovrà adottare. Infatti, non sarà semplice definire le regole di ingaggio che si dovranno adottare, perché se si dovrà perseguire una sufficiente efficacia della Forza, non potranno essere “remissive” come quelle dei Caschi blu, ma dovranno prevedere che le armi possano essere utilizzate per imporre il rispetto dell'accordo d pace. E questo potrà significare che i soldati della Forza di Stabilizzazione, in caso di violazioni, si debbano ingaggiare con i guerriglieri di Hamas, ma anche con i militari delle IDF. Il che potrebbe essere anche peggio.
Di Marcello Bellacicco, Generale di Corpo d'Armata degli Alpini