Sudan, la denuncia dell'attivista Niemat Ahmadi: "Le Rsf ricevono armi e aiuti dagli Emirati Arabi Uniti, gli Usa danno il loro benestare"
Niemat Ahamdi, originaria del Darfur e attivista impegnata nella lotta contro le atrocità che stanno sconvolgendo il suo paese, si è espressa in merito alla guerra civile in Sudan, denunciando senza mezzi termini gli Stati che sovvenzionano le Forze di supporto rapido (Rsf)
Niemat Ahamdi, originaria del Darfur e attivista impegnata nella lotta contro le atrocità che stanno sconvolgendo il suo paese, si è espressa in merito alla guerra civile in Sudan, denunciando senza mezzi termini gli Stati che sovvenzionano le Forze di supporto rapido (Rsf). In una intervista rilasciata a Rula Jebreal su La Stampa, l'attivista sudanese ha raccontato come dietro alle atrocità commesse dalle Rsf nel conflitto ci sia una grave responsabilità degli Stati Uniti e degli Emirati Arabi Uniti, i quali aiutano più o meno direttamente i paramilitari a continuare la guerra contro l'attuale governo di Khartoum.
Sudan, la denuncia dell'attivista Niemat Ahmadi: "Le Rsf ricevono armi e aiuti dagli Emirati Arabi Uniti, gli Usa danno il loro benestare"
Secondo Ahamdi "il genocidio è iniziato nel 2023. La milizia che ha dato avvio alle atrocità è quella dei Janjaweed, attiva nel Darfur dai primi anni Duemila. Le Rsf sono nate proprio da questi gruppi, che l’ex presidente Bashir impiegò per massacrare le popolazioni africane indigene — le stesse tribù prese di mira 25 anni fa".
Nel 2019, le Rsf hanno aiutato il generale Abdel Fattah Abdelrahman Burhan a prendere il potere mediante un colpo di Stato, ma poi si sono schierate contro di esso, guidate da Abdul Rahim Hamdan Dagalo Musa. Dagalo e i suoi fratelli Al Gony Gony e Mohammad Hamdan, vivono attualmente negli Emirati Arabi Uniti i quali, secondo la donna, "finanziano e forniscono armi alle Rsf".
"Questo genocidio è dunque finanziato e armato da un alleato privilegiato di Stati Uniti ed Europa. Mohammad Hamdan e Abdul Rahim sono stati visti nei luoghi dei massacri — ad Al Geneina e Al Fashir — e presenti quando le Rsf costringevano le vittime a scavarsi la fossa comune in cui venivano sepolte vive. Abdul Rahim era anche nel campo profughi di Zamzam, dove più di duemila persone sono state uccise in una notte", racconta Ahmadi.
"Nonostante le sanzioni degli Usa e dell'Europa - prosegue l'attivista - Al Gony Gony è riuscito a viaggiare in Occidente usando un passaporto falso. Le sanzioni, imposte nel 2024 da Joe Biden dopo aver riconosciuto l'esistenza di un genocidio ad opera delle Rsf, non vengono applicate".
"Le sanzioni non vengono fatte rispettare perché gli Emirati vogliono distruggere il Sudan e instaurare un governo militare nel Paese. Vogliono sfruttare le risorse africane, non limitandosi al Sudan ma arrivando fino al Senegal, compresi Mali, Niger e Chad. Ad Abu Dhabi si presentano come arabi moderati filo-occidentali in realtà sono un regime autoritario, che sostiene direttamente il genocidio in Sudan e appoggia il genocidio israeliano contro i palestinesi".
Ahmadi parla poi della condizione in cui versano le donne e i bambini. Durante la presa di Al-Fashir sono state documentate numerose violenze sessuali da parte delle Rsf: stupri, torture e altri atti ignobili,
"Donne e bambini sono le prime vittime di ogni genocidio, nel caso del Sudan esattamente come nel caso di Gaza - asserisce - Il genocidio in Sudan si caratterizza per violenze sessuali sistematiche: attacchi, stupri, torture, persino bambine come Noura, di 12 anni, stuprata davanti alla famiglia. Moltissime donne vengono violentate ripetutamente davanti a padri, mariti e figli per spezzarne l’identità e la dignità. Sono atti documentati dall’ONU: una strategia pensata per distruggere la società dall’interno".
"Le Rsf - afferma Ahmadi - sanno che nella cultura sudanese le donne sono il pilastro della famiglia; per questo le violenze sessuali servono anche a modificare la composizione etnica del Paese: 'Sii felice, avrai un figlio arabo invece che africano', dicono alle vittime".
Per Ahmadi, porre fine all’impunità per i crimini contro l’umanità deve "tornare una priorità assoluta". "Il genocidio in Sudan e quello a Gaza - conclude - segnano il fallimento delle istituzioni internazionali una macchia indelebile sulla coscienza del mondo".