Accordi di Abramo, cosa sono e cosa comportano i patti tra Israele, Emirati Arabi Uniti e Bahrain voluti da Trump nel 2020
Firmati nel 2020 con la spinta di Trump, gli Accordi di Abramo hanno normalizzato i rapporti tra Israele e Paesi arabi sotto l'egida americana
In questi ultimi mesi sono stati nominati molte volte gli accordi di Abramo, i patti stretti fra Israele, Emirati Arabi Uniti e Bahrain con la mediazione di Donald Trump nel 2020. Degli accordi essenziali per ristabilire una normalizzazione di tipo diplomatico in una zona esplosiva come quella del Medio Oriente, seguendo un do ut des: il riconoscimento di Israele in cambio di una cooperazione economica e di uno stop all'annessione della Cisgiordania, tutto quanto escludendo la Palestina e sotto una rigida egida americana.
Accordi di Abramo, cosa sono e cosa comportano i patti tra Israele, Emirati Arabi Uniti e Bahrain voluti da Trump nel 2020
Gli Accordi di Abramo hanno rappresentato una svolta storica nelle relazioni tra Israele e il mondo arabo. Firmati il 15 settembre 2020 a Washington, alla presenza del presidente statunitense Donald Trump, sancirono la normalizzazione diplomatica tra Israele, gli Emirati Arabi Uniti e il Bahrain, ai quali si unirono successivamente Marocco e Sudan. Il nome richiama chiaramente la figura biblica di Abramo, considerato padre spirituale delle tre grandi religioni monoteiste, come simbolo di riconciliazione.
L’obiettivo dichiarato degli Accordi era favorire stabilità e cooperazione economica nella regione, spingendo i Paesi arabi a riconoscere Israele in cambio di opportunità commerciali, tecnologiche e di sicurezza. In cambio, Israele si impegnava a sospendere l’annessione di parti della Cisgiordania. Dietro l’iniziativa, tuttavia, vi era anche una strategia geopolitica: creare un fronte comune contro l’Iran, nemico condiviso da Tel Aviv e da molte monarchie del Golfo.
Gli accordi hanno prodotto significativi benefici economici e strategici per i Paesi firmatari. Gli Emirati Arabi Uniti, ad esempio, hanno ottenuto accesso a tecnologie israeliane avanzate nei settori della cybersecurity, dell’agritecnologia e dell’innovazione energetica, mentre Israele ha beneficiato di nuovi investimenti e opportunità di cooperazione economica con il mondo arabo. Sono stati inoltre avviati progetti comuni in ambito energetico e infrastrutturale, con un rafforzamento della cooperazione in materia di sicurezza e intelligence. Israele e gli Emirati hanno collaborato strettamente sul fronte difensivo, mentre il Bahrein ha partecipato a iniziative congiunte per contrastare attività considerate destabilizzanti nella regione.
Gli Stati Uniti, principali mediatori, hanno visto negli Accordi di Abramo un modo per consolidare la propria influenza nel Medio Oriente, favorendo un’alleanza arabo-israeliana sotto la loro egida. Tuttavia, l’intesa è stata accolta con ostilità dai palestinesi, esclusi dai negoziati e convinti che la normalizzazione con Israele senza una soluzione per la questione palestinese rappresentasse un tradimento.
Con l’esplosione delle ostilità tra Israele e Hamas nel 2023 e il successivo allargamento del conflitto nella regione, gli Accordi di Abramo sono finiti sotto pressione. Mentre alcuni Paesi firmatari hanno mantenuto rapporti formali con Israele, le opinioni pubbliche arabe hanno espresso forte dissenso per le operazioni militari a Gaza.
Oggi, quegli accordi appaiono come un tassello fondamentale per comprendere il nuovo equilibrio mediorientale, dove la cooperazione e il conflitto convivono in un fragile equilibrio tra interessi strategici e tensioni storiche.