Gaza, migliaia di israeliani in protesta contro Netanyahu davanti a sua residenza a Gerusalemme, Egitto: “Non tollereremo altra Nakba”
Migliaia di persone si sono dirette martedì notte verso la residenza di Benjamin Netanyahu a Gerusalemme per protestare contro le scelte del governo nella gestione della guerra e, soprattutto, per chiedere misure immediate volte al rilascio degli ostaggi. Il ministro degli Esteri egiziano Badr Abdelatty ha avvertito che Il Cairo è “fermamente contrario a qualsiasi forma di spostamento forzato del popolo palestinese"
Migliaia di israeliani stanno manifestando davanti alla residenza di Benjamin Netanyahu a Gerusalemme, mentre cresce l’angoscia per la sorte degli ostaggi dopo l’avvio dell’operazione per la conquista totale di Gaza City, alimentando il perdurare del genocidio in corso. Diverse centinaia si sono radunate anche davanti all’ufficio del premier, dove Netanyahu ha tenuto una conferenza stampa. I familiari degli ostaggi hanno occupato la strada in modo permanente e hanno dichiarato “guerra” al primo ministro. Le condizioni sul terreno a Gaza City, con bombardamenti e avanzata di carri armati, fanno temere che il recupero degli ostaggi sia sempre più difficile. L’Egitto, tramite il ministro degli Esteri Badr Abdelatty, avverte: “Non tollereremo una seconda Nakba”.
Gaza, migliaia di israeliani in protesta contro Netanyahu davanti a sua residenza a Gerusalemme, Egitto: “Non tollereremo altra Nakba”
Migliaia di persone si sono dirette martedì notte verso la residenza di Benjamin Netanyahu a Gerusalemme per protestare contro le scelte del governo nella gestione della guerra e, soprattutto, per chiedere misure immediate volte al rilascio degli ostaggi. La manifestazione, riferiscono corrispondenti locali, è nata in particolare dalla rabbia e dalla disperazione dei familiari dei presi in ostaggio durante l’incursione del 7 ottobre 2023, che accusano l’esecutivo di aver privilegiato l’opzione militare a scapito di negoziati che avrebbero potuto salvare vite.
I familiari presenti hanno trasformato la protesta in un presidio permanente su Azza Street , con figure come Einav Zangauker — madre di Matan Angrest, rapito nell’ottobre 2023 — in prima linea. Zangauker ha dichiarato: “Se il mio Matan non ha un posto sicuro dove fuggire dalla pressione militare non lasceremo che chi prende le decisioni utilizzi le proprie case come rifugi sicuri”. Altre famiglie, hanno accusato il premier di commettere “crimini di guerra contro gli ostaggi” e hanno spiegato che non si allontaneranno finché non sarà avviata una trattativa che porti al rilascio dei prigionieri vivi e alla restituzione dei corpi dei deceduti.
Gli sviluppi sul campo a Gaza City hanno acuito tensioni e timori: l’Idf ha lanciato una operazione di terra per conquistare aree della città assediata, con bombardamenti aerei e avanzata di mezzi corazzati che, secondo osservatori e fonti militari, complicano enormemente le possibilità di recupero degli ostaggi. Stime citate da responsabili militari e analisti riportano che dei 48 ostaggi si ritiene che circa 20 siano ancora vivi, ma il deterioramento delle condizioni sul terreno rende l’operazione di recupero sempre più rischiosa e incerta.
La protesta ha assunto toni particolarmente duri dopo che alcuni leader del movimento di parenti e liberati hanno accusato Netanyahu di “fuga” davanti ai manifestanti: “Il primo ministro è fuggito dai familiari degli ostaggi circa due ore fa circondato da guardie di sicurezza”, ha scritto su X Einav Zangauker, che ha poi ammonito: “Abbiamo smesso di essere gentili. Le famiglie degli ostaggi dichiarano guerra ai leader politici e al primo ministro. Non daremo loro tregua, non permetteremo che tengano conferenze, che brindino agli eventi celebrativi o che festeggino lo Shabbat e le festività finché non ordineranno la fine immediata della guerra a Gaza e il ritorno dell’ultimo ostaggio”.
Il ministro degli Esteri egiziano Badr Abdelatty ha avvertito che Il Cairo è “fermamente contrario a qualsiasi forma di spostamento forzato del popolo palestinese. Non tollereremo una seconda Nakba”. Nel corso di un’intervista ad Al Ahram, Abdelatty ha sottolineato che il concetto di sfollamento è “moralmente ed eticamente corrotto” e che forzare la popolazione a lasciare la propria terra sarebbe non solo inaccettabile dal punto di vista umanitario ma anche illegale.