Gaza, continuano scontri tra Netanyahu e Idf, riservisti: “Siamo al collasso, reduci non ricevono cure adeguate, non vivranno a lungo”

Omer Amsalem, riservista riconosciuto con un’invalidità mentale del 50% denuncia l'operato del governo di Netanyahu: “Ci danno solo pillole, ci preferiscono dentro una bara”

La decisione del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu di occupare l'intera Striscia di Gaza, già messa in discussione dai vertici delle Idf, sta sollevando forti perplessità anche tra i riservisti, "che dovrebbero essere la punta di diamante" dell'operazione: “Siamo al collasso”, dichiarano. “I reduci di guerra non ricevono cure adeguate, sanno che non vivranno a lungo”, denunciano alcuni.

Gaza, continuano scontri tra Netanyahu e Idf, riservisti: “Siamo al collasso, reduci non ricevono cure adeguate, non vivranno a lungo”

L’idea di un’occupazione totale della Striscia di Gaza, spinta dal premier Benjamin Netanyahu, non trova soltanto freddezza tra i vertici militari israeliani, ma incontra una crescente opposizione tra i riservisti, colonna vertebrale delle forze armate. È quanto emerge da un'inchiesta di Channel 12, che raccoglie testimonianze allarmanti: tra chi presta servizio c’è “una chiara motivazione a continuare a contribuire, ma anche rabbia, confusione e un senso di grave esaurimento”.

Le organizzazioni dei riservisti denunciano condizioni insostenibili sul piano operativo e umano. A pesare è la carenza cronica di personale e la disomogeneità nei carichi di servizio. A questo si aggiungono, secondo le critiche, piani militari “distanti dalla realtà”. Un’accusa pesante arriva dal maggiore generale Yonatan Shalev, ex combattente della Magellan e fondatore dell’associazione Shoulder to Shoulder, che condanna duramente la linea del governo. “Durante una guerra feroce, la macchina dell’evasione lavora a pieno ritmo”, ha affermato. “Quando le divisioni si stanno ancora preparando a entrare in battaglia, il governo promuove l’evasione di massa di decine di migliaia di candidati qualificati. Le Idf sono a corto di 10.000 combattenti e Boaz Bismuth riceve ordini dagli attivisti ultra-ortodossi. Noi diciamo: non accadrà sotto i nostri occhi”.

Il riferimento è al controverso disegno di legge che esenterebbe gli ebrei ortodossi dal servizio militare proprio mentre si discute un’estensione del genocidio a Gaza. Una proposta che ha inasprito il clima all’interno della società israeliana, esasperando chi è già in prima linea da mesi.

Alon Tirer, presidente del movimento Giovani in Israele, denuncia un carico di servizio sempre più insostenibile: “Il numero di 400 giorni di servizio di riserva è già diventato la norma per molti di coloro che prestano servizio, e il prezzo personale, economico e familiare che pagano è insopportabile. Non possiamo continuare a caricare il peso della sicurezza su quei pochi e aspettarci che portino il Paese sulle loro spalle da soli”.

Alla frustrazione operativa si somma quella sociale. Rotem Avidar Tsalik, avvocato e fondatore di Servants Lobby, lancia un grido d’allarme: “Lo Stato di Israele sta affrontando sfide di sicurezza senza precedenti, ma continua a comportarsi come se avesse un numero infinito di combattenti. Gli stessi riservisti vengono reclutati ripetutamente, fino allo sfinimento, al punto da danneggiare i mezzi di sussistenza, al punto da causare il collasso delle famiglie”. E aggiunge: “I politici parlano di ampliare gli obiettivi, ma non di ampliare l’esercito. Di manovre, ma non di rinforzi. È ora di dire la verità: senza ampliare la cerchia di coloro che prestano servizio, non saremo in grado di assolvere i compiti che lo Stato di Israele si assume. Volete conquistare Gaza? Iniziate a reclutare”.

Il movimento To the Flag conferma il proprio impegno: “I militari in servizio pubblico e le loro famiglie continueranno a difendere la sicurezza di Israele”. Ma avverte: “È giusto che lo stesso governo che cerca di richiamarci e di mandare le Idf in una guerra di Sisifo faccia tutto il possibile per mobilitare immediatamente tutti e rafforzare le Idf, e non promuovere leggi illusorie di evasione che le indeboliranno”.

Nel frattempo, sul fronte interno, esplode un'altra emergenza: quella dei reduci affetti da disturbi post-traumatici. Decine di ex combattenti israeliani stanno protestando da giorni davanti all’ufficio riabilitazione del ministero della Difesa a Petah Tikva, chiedendo pari diritti rispetto ai feriti fisici. La protesta si è intensificata dopo l’aumento preoccupante dei suicidi tra i riservisti: 16 casi dall’inizio del 2025.

Ogni soldato che non riceve cure adeguate sa che non vivrà a lungo”, ha dichiarato Orel Alikashvili, ex militare della Brigata Golani. Dello stesso avviso Omer Amsalem, riconosciuto con un’invalidità mentale del 50%: “Ci danno solo pillole, ci preferiscono dentro una bara”. I manifestanti hanno allestito tende davanti alla sede del ministero e assicurano che non se ne andranno finché non ci sarà un vero cambiamento.

Il ministero ha replicato affermando che oltre il 33% dei feriti seguiti soffre di Ptsd e che il budget destinato a queste cure ha superato i 4 miliardi di shekel.