Gaza, report Onu su aiuti umanitari non arrivati nella Striscia: “1753 camion con 23350 tonnellate di provviste intercettati da gruppi armati”
Nei soli ultimi due mesi, quasi 40mila pallet (circa 40mila tonnellate di beni) sono stati scaricati ai varchi di ingresso verso Gaza. Di questi, soltanto 4.200 sono riusciti a superare indenni l'intero percorso fino alla popolazione
Il sito delle Nazioni Unite certifica migliaia di camion con aiuti umanitari intercettati prima di arrivare a chi ha bisogno di cibo e medicine, solo un decimo degli aiuti arriva senza intoppi: “1753 camion con 23350 tonnellate di provviste intercettati da gruppi armati”. Erede di una risoluzione approvata nel pieno della crisi, il sistema delle Nazioni Unite UnOps–Un2720 è diventato in pochi mesi l’infrastruttura amministrativa e tecnica attraverso cui passa (o dovrebbe passare) la gran parte degli aiuti diretti a Gaza durante il genocidio in corso.
Gaza, report Onu su aiuti umanitari non arrivati nella Striscia: “1753 camion con 23350 tonnellate di provviste intercettati da gruppi armati”
Un recente report ufficiale delle Nazioni Unite, che documenta il fallimento – numeri alla mano – dell’attuale meccanismo di distribuzione umanitaria nella Striscia. I dati sono eloquenti: “1753 camion con 23350 tonnellate di provviste intercettati da gruppi armati”. Si tratta di 25.700 pallet di aiuti alimentari, medici e per l’energia che, dopo essere stati raccolti e messi in marcia, non hanno mai raggiunto i destinatari previsti. L'Onu spiega che i carichi sono stati “intercettati o pacificamente da persone affamate, o con la forza da soggetti armati, durante il transito a Gaza”.
La macchina umanitaria UnOps–Un2720 nasce dalla Risoluzione 2720 del Consiglio di Sicurezza, adottata il 22 dicembre 2023, con l’obiettivo di facilitare, coordinare, monitorare e verificare l’ingresso dei beni umanitari a Gaza attraverso Paesi non parte al conflitto. In teoria, una garanzia di trasparenza e tracciabilità. In pratica, un sistema ancora in gran parte inefficace.
Nei soli ultimi due mesi, quasi 40mila pallet (circa 40mila tonnellate di beni) sono stati scaricati ai varchi di ingresso verso Gaza. Di questi, soltanto 4.200 sono riusciti a superare indenni l'intero percorso fino alla popolazione. Gli altri sono stati bloccati, svuotati da civili disperati o sequestrati da miliziani, in particolare da Hamas, che continua a esercitare il controllo su gran parte del territorio.
Il Programma Alimentare Mondiale (WFP), l’UNICEF, la Croce Rossa/Mezzaluna Rossa, Medici Senza Frontiere e l’Organizzazione Mondiale della Sanità sono tra le agenzie coinvolte nella gestione logistica e nella distribuzione. Le testimonianze raccolte sul campo confermano il dato drammatico: solo un decimo degli aiuti riesce a giungere a destinazione senza intoppi.
Questi dati, forniti dalle stesse Nazioni Unite, senza indicare nel dettaglio la responsabilità diretta degli attori locali, finiscono per avvalorare – almeno in parte – la posizione ufficiale di Israele: secondo Tel Aviv, la crisi umanitaria non deriva tanto dalla mancanza di aiuti, quanto dal loro sequestro sistematico da parte di Hamas, che poi ne gestisce la redistribuzione secondo logiche interne, talvolta imponendo un prezzo su beni che dovrebbero essere distribuiti gratuitamente.
UnOps–Un2720, guidato dall’ex ministra olandese Sigrid Kaag – oggi anche Coordinatrice Speciale per la pace in Medio Oriente – non è pensato per sostituire le ONG e gli attori umanitari presenti sul territorio, ma per dare loro un’infrastruttura unica e verificabile, con tracciabilità digitale di ogni collo. Tuttavia, il controllo effettivo del territorio e l’insicurezza diffusa continuano a rendere il sistema vulnerabile.
Kaag, che è sposata con Anis al-Qaq, ex ambasciatore palestinese e figura politica legata a Fatah, ha sottolineato il ruolo neutrale e tecnico del programma, che però ad oggi sembra ancora lontano dall’essere efficace.