Il sogno di Benigni sull’Europa è la solita commedia buona per fare due soldi (A Robé, ma non ti sei stufato?)
La Brexit è avvenuta col voto. L’euro e l’Unione senza. Ci pensi, caro Benigni, prima di fantasticare sulla democrazia, sul referendum tradito e altri sogni.
Un sogno così carico di superlativi assoluti e così gonfio di retorica che ormai si è schiantato a terra.
Il “sogno” è quello di Roberto Benigni sull’Europa o meglio sulla solita idea di Europa fantasmagorica, terra promessa per le nuove generazioni, foriera di pace tanto che se si fosse materializzata non ci sarebbero nemmeno le guerre. Certo, e se mi nonna avesse avuto le ruote sarebbe stata una carriola.
Roberto Benigni sta facendo un giro tra tv e giornali per vendere il suo libro, dopo aver venduto il monologo europeo alla Rai e (se tanto mi dà tanto) prima di piazzarlo in un tour invernale nei teatri. Dalla Divina Commedia alla solita EuroCommedia, anche se quella dell’euro è una “Tragedia in nove atti” come ebbe a scrivere in un voluminoso e puntuale libro Ashoka Modi, economista indiano in forza al Fondo Monetario Internazionale. Ma che ne sa il buon Roberto dei numeri e di cosa hanno combinato in nome del pareggio di bilancio? La sua forza non sono i numeri ma la retorica, le parole gonfie di superlativi assoluti.
Così ha fatto da Vespa (il toscanaccio è andato nella tana del lupo) e così ha fatto da Diego Bianchi a Propaganda Live, in una successiva catarsi. Me lo sono ascoltato e non ho potuto fare a meno di notare il corto circuito del ragionamento: dopo un lungo e appassionato intervento dedicato al mancato raggiungimento del quorum nei cinque referendum e dopo aver sanguinato per la disaffezione al voto da parte degli italiani, Benigni è passato a raccontarci dell’Europa esempio massimo di democrazia (
Torniamo all’inciampo. Benigni ha affermato che il voto è un diritto da esercitare, un diritto bellissimo che non può vivere questa crisi e che lui soffre quando i referendum non raggiungono il quorum. Poi ha parlato dell’Europa come "eldorado democratico". Ebbene, signor Benigni nel sogno europeo è previsto per caso un voto, un referendum? Uno di quei quesiti dove c’è da prendere parte senza zone grigie: o di qua o di là. Perché delle due l’una: se l’Europa vuole essere democratica allora deve passare da un referendum o una qualsivoglia consultazione popolare; se invece l’Europa vuole non essere democratica e preferisce nell’edificazione tecnocratica, allora la strada è corretta. O è proprio la parola del popolo, i suoi umori, la sua pancia, a fare paura e rovinare il sogno?
La Costituzione non prevede la possibilità di referendum in materia di politica estera e di trattati internazionali, lo sappiamo. Ma in Gran Bretagna si è votato un referendum consultivo e non vincolante, eppure in grado di produrre l’effetto voluto dalla maggioranza (che è tale anche se per pochi voti, anche se è trascinata non dalle grandi città e anche se è composta per lo più dai giovani). Ecco ci basterebbe anche solo un referendum consultivo ben fatto.
Altri due referendum nefasti per Bruxelles furono quelli in Francia e in Olanda dove si cercò la ratifica popolare su quel che il fallimento della Convenzione europea lasciò in eredità: il trattato di Lisbona. A proposito, caro Benigni: ma si è domandato perché mai la sua fantasmagorica Europa non ha una Costituzione? Glielo chiedo perché lei è un bardo della nostra fondamentale Carta. Non c’è una infatti una Costituzione che dell’Unione europea sorregga l’intero edificio valoriale e il bilanciamento degli organismi istituzionali. Il tentativo andò a vuoto quando si parlò di radici, di identità. Mannaggia…
L’Europa non c’è e non ci potrà mai essere fintanto che non si scioglie il maleficio della legittimazione dal basso. La Brexit è avvenuta col voto. L’euro e l’Unione senza. Ci pensi, caro Benigni, prima di fantasticare sulla democrazia, sul referendum tradito e altri sogni. E mi scusi se l’ho svegliata.
Ps. In Gran Bretagna le ultime elezioni, per quanto amministrative, le ha vinte Nigel Farage, mister Brexit, altro che . Farage farà man bassa di voti il prossimo giro sulla scia dei processi per violenze su donne britanniche a carico delle comunità pachistane, vicende protette e silenziate dai Labour in nome del politicamente corretto e per paura di derive razziste. Infine se l’Europa - per dirla con Romano Prodi - non ha uno straccio di proposta politica su Ucraina, Gaza e ora Iran, è perché non ha una sua visione di posizionamento europeo. Eppure la presidente Von Der Leyen (che tanta ammirazione le ispira) continua a parlare di riarmo. A beneficio delle singole nazioni, Germania in testa.
di Gianluigi Paragone