Arrestato Esmail Qaani capo dei Pasdaran, Teheran cerca la 'talpa' del Mossad nel suo staff, "ha avuto infarto durante interrogatorio"
Teheran intensifica le indagini interne, sospettando un’infiltrazione del Mossad nei Pasdaran, mentre Israele valuta la risposta all’attacco missilistico e Washington tenta di evitare un’escalation nel Golfo. Prosegue la stage di civili a Gaza
È stato arrestato Esmail Qaani, capo delle forze speciali Quds dei Pasdaran, responsabili delle operazioni militari e di raccolta delle informazioni al di fuori del paese. Teheran cerca la 'talpa' del Mossad nello staff del capo dei Guardiani della Rivoluzione, succeduto a Qassem Soleimani quattro anni fa, quando quest’ultimo era stato eliminato in un blitz americano a Bagdad. Di Qaani non si erano avute più notizie da venerdì scorso, quando avrebbe dovuto incontrare Safieddine in uno dei quartier generali di Hezbollah nella capitale libanese Beirut, ma non si era presentato all’incontro. Secondo le ricostruzioni della rivista digitale Middle East Eye, sarebbe ora agli arresti domiciliari: trattenuto in custodia, lo stress gli avrebbe causato un "infarto durante l'interrogatorio" e anche se non fosse lui la talpa, gli iraniani potrebbero identificarla nel suo principale assistente o comunque all’interno del suo staff.
La 'talpa' in casa: i vertici di Teheran cercano un’infiltrazione del Mossad
I Guardiani della Rivoluzione si stanno guardando dentro, rivoltando anche gli ufficiali più potenti come Esmail Qaani, perché le coincidenze accumulate da luglio sono troppe per non diventare sospetti: prima l’uccisione di Ismail Haniyeh, leader di Hamas all’estero, ospite di Teheran, poi il raid a Beirut contro Hassan Nasrallah, il capo di Hezbollah e in seguito quello contro il suo successore Hashem Safieddine. La miccia che lega tutte le eliminazioni è la presenza di un generale dei Pasdaran o, nel caso di Haniyeh, che la struttura in cui dormiva apparteneva proprio ai Guardiani della Rivoluzione. Tutto questo sta rendendo sempre più inquieti i servizi iraniani mentre ieri sera Benjamin Netanyahu, il premier israeliano, ha riunito il consiglio di guerra per decidere la risposta militare all’attacco con 200 missili balistici Fatha lanciati dall'Iran il 1° ottobre scorso. I ministri devono dare il via libera a lui e al titolare del ministero della Difesa Yoav Gallant per definire modi e tempi. Così il regime islamico ha fretta di capire quanto il Mossad sia riuscito a infiltrare il sistema, quanto la 'sorpresa' di cui parla Gallant possa davvero essere inaspettata. Gli americani stanno cercando di convincere Netanyahu a non bombardare gli oleodotti o le raffinerie iraniane: il presidente Biden e la vice Kamala Harris (quest’ultima in corsa contro Trump alle presidenziali del prossimo 5 novembre), non vogliono che a meno di quattro settimane dal voto il prezzo del carburante aumenti vertiginosamente e scontenti gli elettori. Anche i Paesi del Golfo (come riporta l’agenzia britannica Reuters), avrebbero chiesto a Washington di premere perché vengano risparmiate le infrastrutture petrolifere: Teheran ha minacciato la rappresaglia contro gli impianti di Arabia Saudita, Emirati Arabi e Qatar in caso di attacco ai suoi siti. "Ci troveremmo in mezzo a una guerra missilistica", affermano le monarchie. A 370 giorni dall’attacco del 7 ottobre e dal conseguente inizio della guerra tra Hamas e l’esercito israeliano, le Idf continuano incessanti i radi aerei e di terra nella Striscia di Gaza, dove i palestinesi uccisi sono arrivati a 42 mila. Oggi, un nuovo bombardamento aereo nel Nord ha ucciso 28 civili.