La Gazprom taglia il gas: qual è il piano energetico di Draghi?

Dopo il taglio del gas da parte della Gazprom che in tutto sta fornendo una quantità inferiore del 50% di materia prima, ci si chiede quali siano i piani di Mario Draghi per l'Italia: carbone e trivelle. L'Italia torna in dietro di trent'anni

La Gazprom ha detto di non aver ricevuto la componentistica per la manutenzione del Nord stream dall'azienda tedesca Siemens e per questo ha avuto la rottura di una turbina e danni agli impianti.
Il colosso russo Gazprom conferisce all'Eni 63 milioni di metri cubi e che da oggi in poi diminuirà l'erogazione del 50%. Ieri le erogazioni sono diminuite del 10% e la diminuzione è destinata ad aumentare.

La Gazprom taglia il gas: l'Europa presa in contropiede

Secondo Draghi il problema tecnico non esiste e la Russia sta facendo un uso politico del gas e del grano. Eppure che anche l'azienda tedesca prima o poi sarebbe stata frenata nella trasmissione della componentistica per l'azienda Gazprom era già previsto, ma evidentemente da palazzo Chigi devono non averne tenuto conto nel giorno in cui Mario Draghi attua "la sua magia" sulla ex presidente della Federal Reserve oggi al tesoro degli Stati Uniti, la Yellen. E così nacque nella mente della finanza armata il pacchetto di sanzioni che sta facendo capitolare aziende tedesche interconnesse con il mercato russo come la Siemens.

Quello che è da capire è come per un presidente del consiglio possa essere possibile la gestione di un gasdotto senza che sia garantita la manutenzione. Come in pratica si possa dire che il problema relativo alla manutenzione sia da escludere. E come si possa concepire l'erogazione del gas senza la manutenzione degli impianti.

La Gazprom taglia il gas: quali sono i piani energetici dell'Italia?

Ma pur ammettendo che Draghi possa avere ragione bisogna pensare al piano b: fino ad oggi infatti Roma ha fatto i conti senza l'oste. Vale a dire ha pensato di poter essere la prima a dichiarare la dismissione del gas russo. Nella fase attuale invece è la Russia che taglia i rubinetti, quale che sia la ragione. Così l'Europa si ritrova all'improvviso a dover fronteggiare anche la carenza di gas per il taglio di 30 miliardi di metri cubi e per cui avrebbe un autonomia soltanto fino al mese di novembre 2022.

Cosa accadrà dopo? Così come già dichiarato 2 mesi fa dal governo, si dovrà necessariamente pensare ad un razionamento dell'energia elettrica e del gas nelle abitazioni. Questo per assicurare un approvvigionamento costante alle aziende.

La Gazprom taglia il gas: l'incremento dei prezzi e le centrali a carbone

Bisognerà anche fronteggiare l'ulteriore incremento del prezzo del gas e dell'energia elettrica che, dall'inizio della guerra è aumentata per l'elettricità del 131% e per il gas anche del 700%.

Ma il governo pensa di ripristinare le centrali a carbone: sono 6,1 in Sardegna, uno a Venezia, uno a Monfalcone, uno a Civitavecchia e l'altra a Brindisi. Si tratta di centrali ancora attive che però verranno chiuse entro il 2025 Ma che possono essere utilizzate durante le emergenze.

Queste centrali potranno fornire soltanto 5 miliardi di metri cubi di gas. È ancora troppo poco quindi il governo pensa di poter recuperare tra Algeria, Libia e Azerbaigian altre 10 miliardi di metri cubi.

Poi c'è la questione dei rigassificatori. Questi si trovano al largo di La Spezia, Livorno e Rovigo e la Snam ha comprato una nave rigassificatori ce da posizionare al largo di Piombino ed una seconda nave da posizionare nel porto di Ravenna. Questi servirebbero a rigassificatore il gas derivante da Qatar, Egitto e Israele. Ma anche per i 30 miliardi di metri cubi di gnl liquido prodotto dall'America.

Questa la strategia di emergenza per dire addio al gas di mosca che tuttavia è comunque comodo perché arriva già rigassificatore e a un prezzo nettamente inferiore rispetto a quello di Israele e Stati Uniti d'America che arriverebbe allo stato liquido.

Ma il governo approda nuovamente al piano Pitesai, la mappa delle zone italiane provvista di gas sotterraneo che aveva visto una riduzione del 20% nel 2000 del 3 / 4% nel 2020. Della gran parte delle piattaforme di metano già presenti nell'Adriatico molte di queste tuttavia sono già esaurite e per questo serviranno nuovi studi geologici. va tuttavia menzionato il fatto che la dismissione di questo piano fu indotta dall'eccessivo rischio sismico che l'Italia si trova periodicamente ad affrontare.

di Maria Melania Barone