Storia de Roma Antica - Capitolo IV - Il Ratto delle Sabine

La “Storia de Roma Antica” scritta in sonetti in dialetto romanesco (con approfondimenti storici curati dall'Autore).

Il Ratto delle Sabine è un fatto conosciuto in tutto il mondo, forse più del fratricidio tra Romolo e Remo, e fa parte degli atti violenti attraverso i quali ebbe origine Roma. Ma anche in questo caso con ogni probabilità si tratta solo di una leggenda, che viene qui riproposta in 4 sonetti.


Capitolo IV

ER RATTO DE LE SABBINE

I

Re Romolo era ‘n agricortore.

Tra i sudditi c’ereno pastori,

vaccari, contadini e pescatori:

um popolo fiero e lavoratore.

Purtroppo scarzeggiaveno le donne,

e questo era ‘n guajo bello grosso...

“Nun ce la fanno più, e io num posso

lassalli senza moje. Secche, tonne,

comme so’ sso’... Sarò u’ re fallito

si n’ ariesco a trovà ar popolo

le donne: se core ‘r rischio che ‘r mito

de Roma manco parte (1)! Io, Romolo,

so’ bello e re, propio um bom partito

e de certo nu’ resterò scapolo,

II

e puro i sudditi so’ gente forte,

fiera, lavoratora e onesta:

sarà facile trovà ‘na conzorte

a ‘na generazzione comme questa!

La soluzzione è da’ ‘na granne festa,

e ce ‘nviterò puro i Sabbini

co’ le fije e le sorelle. Dea Vesta,

te prego: fà che tutti li vicini (2)

accetteranno e veranno a frotte

a magnà e a fasse ‘na bevuta...

Doppo, quanno se sarà fatta notte,

faremo er ratto: “Stà bona e muta,

bella mia”, je direte senza bòtte (3),

scejenno ognuno quela più piaciuta (4).

III

Poi l’annisconnerete ne le stanze

vostra e manneremo a casa i maschi:

nun credo che faranno rimostranze

doppo èssese scolàti cento fiaschi (5)...”

E fu così ch’annò. Ma Tito Tazzio

s’arabbiò, invase Roma e disse:

“Co’ mme, che so’ er re de mezzo Lazzio (1),

ve sête comportati comme Ulisse (6)!?

P’onorà le fije e le sorelle

er zangue vostro ariempirà la valle!”

Ma le Sabbine, sagge ortre che belle,

s’opposero: “Basta pijalle e dalle (7)!

Nun volemo arimanè zitelle,

da sole a spazzà capanne e stalle,

IV

o peggio ancora senza li mariti

scannati da li patri o vviceverza!

‘Sti Romani, infonno, so’ graditi

a tutte noi... Quinni, Tito, sterza

cor cavallo e aritorna ‘n Zabbina!”

‘Sto discorzo fu apprezzato dai re,

e n’ zolo nun ce fu carneficina,

ma i du’ popoli s’unireno, l’ire

se placareno, ce fu pace vera

e sorze u’ regno solo, er più forte

e ‘r più granne che a quei tempi c’era,

fatto d’òmmini veri che la morte

nun temeveno, tutta gente fiera

de avecce du’ granni re a corte (8).

NOTE:

1 Nonsense cronologico.

2 Vicini di casa (i Sabini e gli altri popoli confinanti con Roma).

3 Senza usare la violenza.

4 La preferita.

5 Essendo completamente ubriachi.

6 Scrive Omero nell’Iliade che Ulisse e i pochi greci nel cavallo di legno conquistarono la città facilmente dato che tutti i troiani erano ubriachi dopo la festa per la vittoria.

7 Basta prenderle e darle, basta combattere.

8 Romani e Sabini si unirono in un unico regno con a capo entrambi i re.

PARAFRASI – IL RATTO DELLE SABINE

Re Romolo era un agricoltore con i sudditi che erano contadini, mandriani, pastori e pescatori: un popolo fiero e lavoratore. Purtroppo c’erano poche donne tra loro, e questo era un grosso problema. “Non ce la fanno più, ed io non posso lasciarli senza moglie. Magre, grasse, come sono sono... Sarebbe un fallimento se non riuscissi a trovare le donne per il mio popolo: così si rischia che il mito di Roma neanche inizi! Io, Romolo, sono re e anche bello, proprio un buon partito, e certo non morirò da scapolo, ed i miei sudditi sono forti, fieri, lavoratori e onesti: sarà facile trovare moglie ad una generazione come questa! La soluzione è dare una grande festa alla quale inviterò anche i Sabini con le figlie e le sorelle. Dea Vesta, ti prego: fa in modo che tutti i popoli vicini accettino l’invito e vengano in massa a mangiare e a bere... E quando sarà notte faremo il rapimento: “Stai calma e zitta, bella mia, diremo loro senza usare la violenza, scegliendo ognuno quella che gli piace di più. Poi le nasconderete nelle vostre stanze e cacceremo via tutti i maschi: non credo che si opporranno dopo aver bevuto cento fiaschi di vino...” E andò proprio così. Tito Tazio divenne furioso: “Vi siete comportati con me, re di mezzo Lazio, come si comportò Ulisse (quando con l’inganno conquistò Troia)!? Per onorare le nostre donne, il vostro sangue riempirà la valle!” Ma le ragazze, che oltre ad essere belle erano anche sagge, si opposero: “Basta con la guerra! Tito, non vogliamo rimanere sole e pulire le vostre capanne e le stalle, o peggio ancora restare senza mariti uccisi dai nostri padri o viceversa. Tutto sommato questi Romani ci piacciono, quindi gira il cavallo e ritorna in Sabina!” Questo discorso piacque molto ad entrambi i re, e non solo non ci fu la guerra, ma i due popoli si unirono, l’ira si placò e ci fu pace vera: nacque un regno fortissimo, il più grande di quell’epoca, fatto di uomini veri e coraggiosi, fieri di avere due grandi re a corte.

Approfondimento storico al Cap. IV

Introduzione a "Storia de Roma Antica"

Prefazione a "Storia de Roma Antica"