Garlasco, individuata nuova impronta di scarpa sporca di sangue sulle scale di casa Poggi: "Compatibile con la traccia 33"

La nuova traccia rinvenuta sarebbe compatibile con l'impronta numero 33, lasciata sul muro dall’assassino di Chiara Poggi e che la Procura riconduce ad Andrea Sempio

Nuovi indizi nel caso del delitto di Garlasco. In base alle più recenti ricostruzioni degli investigatori emergerebbe una nuova impronta: quella di una scarpa macchiata di sangue individuata in cima alle scale dove venne trovato il corpo di Chiara Poggi. Questa traccia sarebbe compatibile con l'impronta numero 33, lasciata sul muro dall’assassino e che la Procura riconduce ad Andrea Sempio. A darne notizia è il Tg1 nell’edizione delle 20.

Garlasco, individuata nuova impronta di scarpa sporca di sangue sulle scale di casa Poggi: "Compatibile con la traccia 33"

La famosa impronta “33” è il segno del palmo di una mano rinvenuto nel 2007 lungo la scala ripida che dalla villetta di via Pascoli scende alla cantina, il luogo in cui fu ritrovato il corpo della giovane. Per la Procura di Pavia, quell’impronta sarebbe di Andrea Sempio, all’epoca amico del fratello di Chiara, Marco Poggi. Il segno era stato già repertato subito dopo il delitto, ma non ritenuto significativo perché considerato privo di evidenti tracce di sangue. Oggi la sua importanza viene rivalutata alla luce dei nuovi accertamenti su Sempio.

Anche la posizione della traccia assume rilievo: la scala interna, priva di corrimano e composta da 13 gradini, è il punto da cui Chiara sarebbe stata spinta dopo aver disattivato l’allarme e aperto la porta al suo assassino. Sulle pareti laterali della scala furono rilevate 24 impronte, sei delle quali identificate. Tra queste figurano, oltre a quella attribuita a Sempio, il pollice destro del padre di Chiara e quattro impronte riferibili a un ufficiale dei carabinieri intervenuto nelle ore successive all’omicidio.

La ricostruzione ufficiale che ha portato alla condanna definitiva di Alberto Stasi a 16 anni di carcere sostiene che l’assassino non sia mai sceso in cantina, fermandosi invece in cima alle scale. In questa prospettiva, chiunque avesse percorso i gradini durante o dopo l’aggressione avrebbe dovuto lasciare segni evidenti nel sangue, presente in grande quantità. È proprio su questo aspetto che oggi insiste la difesa di Stasi, sollecitando nuovi approfondimenti sull’impronta 33.