Vaccino Covid, Patrizia Tiberi assolta da accusa di “falso ideologico” per aver concesso esenzioni da inoculazione: “Non volevo uccidere”

Patrizia Tiberi, medico di medicina generale dell’Asl di Terni, era finita nel mirino della magistratura e degli organi disciplinari per aver applicato, tra il 2021 e il 2022, esenzioni e differimenti vaccinali nei confronti di pazienti ritenuti clinicamente fragili, visti i numerosi effetti avversi provocati dal siero

Si chiude con un’assoluzione piena la vicenda giudiziaria che ha coinvolto Patrizia Tiberi, medico di medicina generale dell’Asl di Terni, finita a processo per aver rilasciato esenzioni e differimenti dal vaccino Covid. Il tribunale di Terni ha stabilito che “il fatto non costituisce reato”, mettendo fine a una lunga stagione di sospensioni, procedimenti disciplinari e indagini. Una sentenza che, secondo la dottoressa, ristabilisce la verità e l’onorabilità professionale dopo anni di isolamento e accuse.

Vaccino Covid, Patrizia Tiberi assolta da accusa di “falso ideologico” per aver concesso esenzioni da inoculazione: “Non volevo uccidere”

Era accusata di falso ideologico per aver concesso esenzioni dal vaccino Covid. Lunedì 15 dicembre è arrivata la parola fine da parte del tribunale di Terni: “assolta perché il fatto non costituisce reato”. Patrizia Tiberi, medico di medicina generale dell’Asl di Terni, era finita nel mirino della magistratura e degli organi disciplinari per aver applicato, tra il 2021 e il 2022, esenzioni e differimenti vaccinali nei confronti di pazienti ritenuti clinicamente fragili, visti i numerosi effetti avversi provocati dal siero.

Una vicenda che, secondo la dottoressa, si è trasformata in una vera e propria persecuzione: visita dei Nas all’alba con sequestro di pc e telefono, sospensione dall’esercizio della professione per 7 mesi, procedimenti disciplinari, isolamento da parte dei colleghi e dell’azienda sanitaria. Ora, con la sentenza pronunciata dal giudice monocratico del tribunale di Terni, si aggiunge – sostiene – “un altro mattone nella verità dei fatti sul Covid”.

In attesa delle motivazioni, che saranno depositate a gennaio e commentate dai suoi legali, Mauro Sandri e Attilio Biancifiori, la dottoressa ha raccontato per la prima volta pubblicamente il suo calvario. Alla domanda se si senta vincitrice, la risposta è netta: “Non è che ho vinto io, hanno perso loro”. E alla richiesta di chiarire chi siano “loro”, aggiunge: “La mia Asl, ad esempio, che mi ha perseguitato in questi anni. L’Ordine, che mi ha aperto innumerevoli fascicoli contro…”.

Tiberi esercita come medico condotto in tre ambulatori tra Terni, Narni e Amelia. “Mi sono trovata nella necessità di esentare dei pazienti dal vaccino Covid e sono finita a processo e ho pagato un prezzo altissimo”, spiega. La sua opposizione alla campagna vaccinale di massa nasce, a suo dire, da valutazioni cliniche: “Non ho mai aderito alla campagna vaccinale coatta perché tutto faceva acqua. Me ne accorsi già dai primi giorni di vaccinazione”.

Secondo la dottoressa, la contraddizione principale riguardava la vaccinazione dei soggetti fragili: “Fragili vuol dire immunocompromessi, quindi decisamente non adatti a una vaccinazione, per di più ancora sperimentale che non aveva ancora superato gli studi di fase 3”. Una posizione rafforzata, racconta, da episodi e segnalazioni di malori, oltre che dalla morte del militare Stefano Paternò: “La diagnosi di iperimmunità fu subito chiara”.

Rivendica anche il rifiuto dell’etichetta di “no vax”: “Il medico non è né pro né no vax. La medicina è una scienza nella misura in cui prevale l’evidenza clinica. Sennò diventa ideologia”. Il punto di rottura, spiega, arriva con le riunioni tra medici e l’introduzione dello scudo penale: “Domandai: ‘Ma come è possibile se questi vaccini non sono stati ancora approvati?’. Nessuna risposta, l’unica cosa che ci dicevano era che avremmo avuto lo scudo penale. Una cosa sporchissima”.

Da lì, lettere ai colleghi, isolamento, derisioni, procedimenti disciplinari e infine la sospensione: “Sono rimasta sospesa per 7 mesi, poi con le misure del nuovo governo Meloni sono rientrata in servizio. Ma è partita la denuncia per falso ideologico”. Il momento più duro resta l’irruzione dei Nas: “Mi portarono in caserma, sequestrandomi telefono e pc”.

Il processo si è concentrato su una dozzina di pazienti, anch’essi rinviati a giudizio. “Alla fine la Procura ha chiesto l’assoluzione per insufficienza di prove, ma il verdetto dice altro: dice che il fatto non costituisce reato”, sottolinea la dottoressa. Un passaggio che ritiene decisivo: “Quelle esenzioni o differimenti erano legittimi e questo è molto importante perché fa capire che era tutto costruito sulla base dei Dpcm del governo”.

Ora resta aperto il capitolo dei risarcimenti per stipendi persi e danni subiti: “È tutto in mano ai miei legali”. Ma, soprattutto, resta il peso umano di quanto vissuto: “Mi sento che mi è stata restituita l’onorabilità e che è stata fatta giustizia, ma le minacce ricevute pesano nel cuore. Mi dicevano che per colpa mia la gente moriva. Ma io esercito da 30 anni e non ho mai provocato la morte di nessuno”.