Verbania, 64enne condannato a 3 anni dopo aver sfregiato volto della moglie con acido in parruccheria, tribunale choc: “Lei poteva sciacquarsi”
Gettò 2 flaconi di acido muriatico sul volto della ex compagna, colpendola all’interno del negozio da parrucchiera di proprietà della donna a Verbania. Ma per il giudice non si trattò di un vero "tentativo di deformazione o sfregio permanente"
Un verdetto choc quello emesso dal tribunale di Verbania sul caso dell’uomo di 64 anni che, lo scorso dicembre, gettò acido muriatico sul volto dell’ex compagna nel salone da parrucchiera della donna. Nonostante l’aggressione, il giudice ha escluso il tentativo di sfregio permanente, sostenendo che la vittima avrebbe potuto limitare i danni grazie a “un rapido risciacquo”. La condanna è stata fissata in 3 anni, come richiesto dalla procura, ma con una riqualificazione dei reati contestati.
Verbania, 64enne condannato a 3 anni dopo aver sfregiato volto della moglie con acido in parruccheria, tribunale choc: “Lei poteva sciacquarsi”
Gettò 2 flaconi di acido muriatico sul volto della ex compagna, colpendola all’interno del negozio da parrucchiera di proprietà della donna a Verbania. Ma per il giudice non si trattò di un vero "tentativo di deformazione o sfregio permanente". È quanto emerge dalle motivazioni della sentenza emessa il 12 novembre, che ha condannato a tre anni l’uomo, un 64enne, autore dell’aggressione del 28 dicembre scorso.
Secondo il tribunale, il liquido – acido cloridrico al 6,5% – era "inidoneo a provocare in concreto" il danno devastante tipico degli attacchi con acido poiché, nel salone, la vittima avrebbe potuto intervenire subito: era infatti "possibile risciacquare immediatamente la cute colpita senza attendere i circa 15 minuti necessari per la cristallizzazione della lesione".
Nelle motivazioni si legge che la donna, "sebbene attinta dal liquido sui capelli, sul collo e sul viso, anche grazie all’immediato abbondante risciacquo (…) non ha riportato danni cicatriziali o profondi sull’epidermide". Una circostanza che per il gup "porta a un diverso inquadramento giuridico" dei fatti, collocando l'episodio "al di fuori dei confini" del reato di tentata deformazione permanente dell’aspetto, pur sottolineando che "in nulla si indulga rispetto alla gravità della condotta delittuosa" dell’imputato.
Così, pur restando invariata la pena richiesta dal pubblico ministero, il giudice ha riqualificato i capi d’imputazione: tentate lesioni gravissime al posto del tentato sfregio, e minacce al posto dello stalking. Nei giorni precedenti l’aggressione, infatti, il 64enne aveva inviato numerosi messaggi inquietanti alla donna, tra cui "quegli occhi potrebbero non vedere più", "l’acido brucia bene" e "quindi d’ora in poi guardati le spalle! E se vai dai carabinieri per te è finita".
Per il difensore della vittima, l’avvocato Mario Di Primo, la pena non è "particolarmente severa" rispetto a ciò che dovrebbe essere "in contesti di violenza di genere". Il legale sottolinea che "nella stragrande maggioranza dei casi chi aggredisce ha bisogno di tempo per riflettere su quanto ha fatto e ha bisogno di tempo non solo per espiare, ma per capire, per imboccare la strada della rieducazione".
Di Primo rivela inoltre che è stata già avanzata un’istanza affinché all’uomo venga concesso il permesso di recarsi al lavoro in una zona distante pochi chilometri dall’abitazione della sua assistita. Una richiesta a cui la difesa della donna si oppone fermamente: "E ovviamente siamo contrarissimi, perché non è stato ancora espresso un chiaro giudizio circa la sua attuale pericolosità sociale. Speriamo non sia un’altra cronaca di una morte annunciata".