Gruppo Facebook “Mia Moglie”, profilo gestito da una donna, con lei un uomo come co-gestore nella pubblicazione e moderazione di contenuti
Secondo gli inquirenti, è dunque una donna la persona che avrebbe gestito il profilo “Mia Moglie”. Attorno a lei ruota l’indagine per diffusione illecita di immagini e video sessualmente espliciti, portata avanti insieme a un cogestore che avrebbe collaborato alla pubblicazione e alla moderazione dei contenuti
Secondo la procura di Roma, dietro il gruppo Facebook “Mia Moglie” non ci sarebbe un uomo, come inizialmente si pensava, ma una donna. È lei — insieme a un co-gestore maschile — ad aver amministrato il gruppo Facebook finito al centro di una vasta indagine per diffusione illecita di materiale intimo. Le ultime acquisizioni della polizia postale indicano che entrambi avrebbero usato cellulari intestati a terzi e sim anonime per complicare il lavoro degli investigatori.
Gruppo Facebook “Mia Moglie”, profilo gestito da una donna, con lei un uomo come co-gestore nella pubblicazione e moderazione di contenuti
Secondo gli inquirenti, è dunque una donna la persona che avrebbe gestito il profilo “Mia Moglie”. Attorno a lei ruota l’indagine per diffusione illecita di immagini e video sessualmente espliciti, portata avanti insieme a un cogestore che avrebbe collaborato alla pubblicazione e alla moderazione dei contenuti. La ricostruzione investigativa indica come i due amministratori utilizzassero dispositivi registrati a terzi e sim card anonime, espediente utile a rendere più complessa l’identificazione.
L’inchiesta prende forma il 19 agosto, un martedì, quando viene scoperto un gruppo Facebook in cui migliaia di iscritti si scambiavano foto delle proprie compagne: immagini private, spesso rubate, scattate “in casa, in spiaggia, al supermercato”, e condivise senza che le donne ritratte ne sapessero nulla. Un archivio clandestino che diventava terreno fertile per “commenti espliciti, battute violente e fantasie sessuali descritte in pubblico”, trasformando la vita ordinaria di molte donne in un’esposizione forzata.
Il gruppo contava 32 mila membri: ex politici, militari, lavoratori, disoccupati. Quando il caso esplode, molte vittime iniziano a riconoscersi nelle foto circolate tra Facebook e Telegram. Alcune raccontano matrimoni di dieci anni, famiglie consolidate, scoperte improvvise. In un post, un uomo presentava la moglie come “uno spettacolo della natura”, vantando le proprie fantasie e alimentando un canale Telegram parallelo, seguito da centinaia di utenti. La chiusura del gruppo, avvenuta a fine agosto, non frena però il lavoro della procura.
Da quel momento gli investigatori allargano il perimetro, arrivando a un secondo filone: il forum “Phica”, una piattaforma online dal 2005, con 700 mila iscritti e centinaia di migliaia di accessi quotidiani. Anche lì emergono migliaia di immagini sottratte da account privati, affiancate da discussioni oscene, molestie digitali e inviti espliciti alla violenza. Un archivio che diventa un nuovo fronte dell’indagine.
A settembre la polizia postale sequestra i siti Phica.net e Phica.eu. Perquisito anche l’amministratore, Vittorio Vitiello, nell’ambito di un procedimento — ancora una volta a carico di ignoti — per diffusione illecita di immagini.