Latina, 15enne si impicca giorno prima del rientro a scuola, aperto fascicolo per istigazione: compagni lo chiamavano "Paoletta" e maestra incitò alla rissa
Dietro il gesto estremo, secondo quanto emerso, ci sarebbe una lunga storia di presunto bullismo. La Procura di Cassino ha aperto un’inchiesta ipotizzando il reato di istigazione al suicidio, mentre il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara ha disposto ispezioni negli istituti frequentati da Paolo, sia alle medie che alle superiori
Un dramma silenzioso si è consumato a Santi Cosma e Damiano, in provincia di Latina, dove Paolo, un ragazzo di appena 15 anni, si è tolto la vita nella sua cameretta il giorno prima di tornare a scuola. Avrebbe dovuto iniziare il secondo anno all’istituto tecnico Pacinotti di Fondi. Il parroco del santuario locale, durante le esequie, ha parlato di una scelta “definitiva di spegnersi”, parole che racchiudono il dolore di una comunità intera.
Dietro il gesto estremo, secondo quanto emerso, ci sarebbe una lunga storia di presunto bullismo. La Procura di Cassino ha aperto un’inchiesta ipotizzando il reato di istigazione al suicidio, mentre il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara ha disposto ispezioni negli istituti frequentati da Paolo, sia alle medie che alle superiori.
Latina, 15enne si impicca giorno prima del rientro a scuola, aperto fascicolo per istigazione: compagni lo chiamavano "Paoletta" e maestra incitò alla rissa
A sollevare il caso è stato il fratello maggiore, Ivan Roberto, che ha scritto una lettera indirizzata al ministro Valditara e alla premier Meloni, denunciando anni di soprusi e isolamento. La famiglia aveva già segnalato episodi gravi sin dalla scuola elementare, tra cui un compagno che si era presentato in classe con un coltello e una maestra che, anziché intervenire, avrebbe incitato gli alunni alla rissa. Quella denuncia, però, era stata archiviata.
Anche negli anni successivi, Paolo ha continuato a subire emarginazione e derisioni. Alle medie era stato isolato nonostante la richiesta dei genitori di inserirlo in una classe con amici delle elementari. Alle superiori, veniva preso in giro per il suo aspetto: lo chiamavano “Paoletta” e “Nino D’Angelo” per il caschetto biondo.
Il padre, Giuseppe, racconta che la sera prima della tragedia Paolo aveva cenato con la famiglia, chattato con la sorella, preparato lo zaino e annotato i compiti sul diario. “Non era triste”, dice. Ma aggiunge: “Da un po’ di tempo ripeteva: ‘Che palle, devo tornare a scuola’. Forse il motivo di quanto accaduto sta proprio lì”.
I carabinieri hanno sequestrato i dispositivi elettronici del ragazzo per verificare eventuali messaggi inviati prima del gesto. Paolo, secondo il padre, era un ragazzo educato, rispettoso, sensibile. “Se c’era un problema in classe, andava a riferirlo. Per questo lo accusavano di essere uno spione”.
Nella sua lettera, Ivan ha chiesto giustizia: “Paolo ha deciso di togliersi la vita a seguito di ripetuti episodi di bullismo. Nonostante le segnalazioni, nessun intervento concreto è stato messo in atto. Ogni episodio rimasto senza risposta è un fallimento che pesa sulle famiglie e sull’intera società”.
Il ministro Valditara ha contattato personalmente il padre del ragazzo, esprimendo vicinanza e assicurando che le ispezioni nelle scuole sono già in corso. Il caso di Paolo riapre con forza il dibattito sulla prevenzione del bullismo e sulla responsabilità delle istituzioni scolastiche nel tutelare i più fragili.