Omicidio Tramontano, le motivazioni della sentenza all'ergastolo senza premeditazione di Impagnatiello: "La avvelenò per per farla abortire, non ucciderla"

Per i giudici, l’avvelenamento mirava all’aborto del feto, non a uccidere la compagna. Confermato l’ergastolo, esclusa la premeditazione, riconosciuta la crudeltà

Sono state rese pubbliche le motivazioni della sentenza all'ergastolo di Alessandro Impagnatiello per la morte dell'ex compagna Giulia Tramontano e del figlio Thiago da parte della Corte d'Assise d'Appello di Milano. I giudici hanno riconosciuto l'aggravante della crudeltà nell'omicidio della ragazza, ma hanno fatto decadere la premeditazione: "Impagnatiello avvelenò Giulia Tramontano per farla abortire, non per ucciderla".

Omicidio Tramontano, le motivazioni della sentenza all'ergastolo di Impagnatiello: "La avvelenò per per farla abortire, non per ucciderla"

La Corte d’Assise d’Appello di Milano ha depositato le motivazioni con cui lo scorso giugno ha confermato l’ergastolo per Alessandro Impagnatiello, l’ex barman dell’Armani Cafè che il 27 maggio 2023 uccise con 37 coltellate la compagna incinta al settimo mese, Giulia Tramontano, nella loro casa di Senago. Pur mantenendo la condanna al carcere a vita, i giudici hanno escluso l’aggravante della premeditazione: secondo la Corte, la somministrazione di veleno per topi e altre sostanze tossiche nei sei mesi precedenti non era finalizzata a preparare l’omicidio della compagna, ma a provocare un aborto spontaneo.

"Averle somministrato il topicida aveva come unico scopo quello di dare una drastica soluzione al feto, che l’imputato considerava un ostacolo alla sua carriera e alla sua vita", si legge nelle 59 pagine della sentenza. Per i magistrati, non vi sono prove che permettano di retrodatare la decisione di uccidere Giulia a prima del giorno del delitto: la volontà omicida sarebbe maturata nel pomeriggio di quel sabato, quando Impagnatiello, in preda alla gelosia e al timore di essere smascherato per la doppia relazione, attese la compagna a casa e la aggredì non appena entrata.

Le indagini hanno accertato che, da dicembre 2022, Impagnatiello somministrò a Giulia bromadiolone sciolto in acqua e tisane, oltre ad ammoniaca e cloroformio acquistati con false identità online. Tracce del veleno furono trovate sia nel sangue della 29enne sia in quello del feto. In quei mesi Giulia confidava ad amici e familiari di sentirsi "drogata" e di avvertire un "cattivo sapore" nell’acqua, senza immaginare che il compagno stesse tentando di avvelenarla.

La Corte d’Appello ha comunque riconosciuto l’aggravante della crudeltà: le 37 coltellate, di cui undici inferte quando la giovane era ancora viva, dimostrano, secondo i giudici, una "furia rabbiosa" e la volontà di punire e annientare la vittima.

La decisione di escludere la premeditazione ha suscitato indignazione nella famiglia Tramontano. La sorella Chiara aveva scritto sui social: "L’ha avvelenata per sei mesi. Poi l’ha uccisa. Per lo Stato non è premeditazione. Vergogna: la legge chiude gli occhi e uccide due volte".