Addio ad Alfio Sassella, morto a 55 anni dopo una "lunga malattia" il custode del Bitto storico e fondatore del movimento "Storico Ribelle"

Allevatore e figura della resistenza contadina valtellinese, è stato tra i fondatori del Consorzio di salvaguardia del Bitto storico

È morto a 55 anni Alfio Sassella, allevatore originario di Talamona e figura emblematica della resistenza contadina in Valtellina. Affetto da una malattia da tempo, ha continuato a salire in alpeggio finché le forze glielo hanno consentito. Dopo essersi diplomato come perito meccanico, aveva scelto di dedicarsi completamente all’allevamento della Bruna Alpina e alla gestione dell’Alpe Cavizzola, nelle Orobie.

Sempre riconoscibile con il cappello ben calzato sulla testa, è stato tra i fondatori del Consorzio di salvaguardia del Bitto storico, impegnato nella tutela delle pratiche tradizionali di pascolo e caseificazione. "Per me è l’unico modo che conosco per vivere. Credo sia meglio essere stanchi e sfiniti alla sera, ma soddisfatti", diceva con convinzione. Lascia la moglie Sonia Marioli, casara e compagna di vita e di lavoro, e i figli Manuela e Michele.

Addio ad Alfio Sassella, morto a 55 anni dopo una "lunga malattia" il custode del Bitto storico e fondatore del movimento "Storico Ribelle"

A partire dalla metà degli anni Novanta, i produttori della Valtellina iniziarono a contestare il nuovo disciplinare del Bitto DOP, che apriva alla produzione industriale. Alfio, allora poco più che ventenne, fu tra i primi a opporsi. Da quella rottura nacque la cosiddetta “resistenza casearia” e il Bitto Storico, che dal 2016 ha assunto il nome di Storico Ribelle. Prodotto esclusivamente in alpeggi d’alta quota, con latte crudo di vacche Brune originali e capre Orobiche, lo Storico Ribelle segue un protocollo produttivo estremamente rigoroso.

"Addio Alfio" si legge sulla pagina Facebook ufficiale dello Storico Ribelle, "Alfio è sempre stato guida ed esempio per noi e per tutti i colleghi produttori, insieme alla splendida moglie Sonia, alla famiglia e ai collaboratori integerrimi interpreti della vera, storica cultura del Bitto. Con passione e dedizione, sacrificio e coraggio ha creduto in un mondo che si credeva perduto: razze rustiche di montagna, sistemi di allevamento rispettosi dei ritmi naturali, conduzione dell’alpeggio in modo rigoroso per rispettare in pieno la biodiversità del pascolo e la meraviglia dell’ambiente alpino di cui Alfio si sentiva parte".

Anche Slow Food Italia lo ha ricordato: "In altre estati Alfio sarebbe stato all’Alpe Cavizzola. Si sarebbe alzato all’alba per mungere e accudire le sue Brune originali. Se n’è andato nel pieno della stagione in malga, che amava così tanto, in un momento in cui le ragioni delle sue battaglie sono di nuovo in discussione".