10 Novembre 2023
Fonte Facebook: @Notizie.it
Dagli atti è emerso che Giulia Tramontano, la 29enne incinta uccisa dal fidanzato Alessandro Impagnatiello lo scorso 27 maggio, era ancora viva dopo le prime nove coltellate inferte dal 30enne. L'uomo si è poi accanito contro la donna e ha continuato a sferrare colpi, arrivando a 37 fendenti. La gip di Milano, Angela Minerva, contesta all'uomo l'aggravante della crudeltà. In totale sono quattro le aggravanti: premeditazione, crudeltà, futili motivi e rapporto di convivenza. Adesso l'uomo rischia l'ergastolo, che, attraverso il lavoro dei suoi legali, cercherà di evitare attraverso la perizia psichiatrica. Il processo inizierà il prossimo 18 gennaio.
Dagli atti è emerso che Giulia Tramontano, la 29enne incinta uccisa dal fidanzato Alessandro Impagnatiello lo scorso 27 maggio, era ancora viva dopo le prime nove coltellate inferte dal 30enne. L'uomo si è poi accanito contro la donna e ha continuato a sferrare colpi, arrivando a 37 fendenti. La gip di Milano, Angela Minerva, contesta all'uomo l'aggravante della crudeltà. La sera del 27 maggio Impagnatiello, si legge negli atti, ha aggredito la donna alle spalle "al collo, al dorso e al viso con 37 coltellate, di cui almeno 9 sferrate quando la vittima era ancora viva". Inoltre "già a partire dal dicembre 2022", si legge, il 30enne avrebbe cercato online gli "effetti del veleno per topi sull'uomo" e avrebbe fatto "ingerire per alcuni mesi all'inconsapevole vittima del bromandiolone", un "potente" topicida, "intensificandone la somministrazione a partire dal marzo" scorso, in un "quantitativo tale da raggiungere anche il feto". La sera dell'omicidio, prima che la ragazza rientrasse a casa, avrebbe cercato su internet "ceramica bruciata vasca da bagno".
La difesa di Impagnatiello punta adesso a chiedere una perizia psichiatrica per valutare la capacità di intendere e volere del 30enne al momento dei fatti. Istanza che potrebbe far leva su consulenze difensive portate avanti in questi mesi. I legali di Impagnatiello stanno anche valutando un eventuale percorso di giustizia riparativa, previsto dalla riforma Cartabia, per tutti i condannati. Si tratta di una forma di risoluzione del conflitto e riparazione del danno con programmi di mediazione, del tutto sganciata dal procedimento penale e a cui le parti offese non devono necessariamente partecipare.
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