Messina Denaro, ex impiegato anagrafe: "Carta d'identità che ho rilasciato a Bonafede regolare, lui l'ha ceduta"
Vincenzo Pisciotta, impiegato comunale in pensione, afferma di non aver favoreggiato Messina Denaro manomettendo la carta d'identità di Bonafede
Si dice innocente Vincenzo Pisciotta, l'impiegato del comune di Campobello di Mazara in servizio nel 2016 al rinnovamento della carta d'identità del falso Andrea Bonafede, cioè Matteo Messina Denaro. Anche per lui il boss si sarebbe fatto arrestare per motivi di salute.
L'impiegato della carta d'identità di Bonafede
Vincenzo Pisciotta è un ex impiegato comunale di Campobello di Mazara. Oggi ha 70 anni. È sua la firma che compare sulla carta d'identità del 2016 con cui Matteo Messina Denaro entrava e usciva dalle cliniche per curare il suo tumore. La foto sul documento era quella del boss, ma tutti i dati appartenevano al prestanome Andrea Bonafede, amico d'infanzia.
All'epoca lui era l’incaricato comunale dell’ufficio demografico; si sospettava che potesse essere uno dei complici del boss e che avesse falsificato per lui, consapevolmente o per distrazione, il documento ufficiale. Il Corriere della Sera è andato ad intervistarlo: smentisce tutto e si dice "tranquillissimo".
Racconta di essere certo di aver rilasciato il documento di Andrea Bonafede al vero Andrea Bonafede e che sotto la sua mano è passata solo la foto di Bonafede. Dice: "Sono passati degli anni, all’epoca facevo anche 20-25 carte d’identità al giorno, non ho ricordi precisi. Ma vi posso dire che a Campobello, dopo 40 anni di professione, ero come il pastore del gregge che conosce le sue pecore una ad una. Andrea Bonafede lo conosco bene, se quel giorno mi fosse passata sotto gli occhi la foto di un altro me ne sarei accorto. E poi li avete visti anche voi, no? Il vero Bonafede e Messina Denaro non si somigliano mica, anche se nel 2016 Andrea in testa aveva qualche capello in più."
Pisciotta si difende: "Di sicuro quella che ho rilasciato io a Bonafede con la mia firma era regolare. E sopra c’era la sua foto." Solo in un secondo momento il prestanome l'avrebbe ceduta.
Pisciotta: "Messina Denaro falsificò il documento"
Il documento, però, è stato modificato. Se non è stato lui, come è possibile che non si vedessero i segni di manomissione? Pisciotta spiega: "Le foto delle carte d’identità s’incollano col biadesivo, ma con il calore la colla si scioglie e la foto viene via che è una bellezza. Così si leva e se ne mette un’altra."
E per il timbro ufficiale? Anche per questo ha una risposta: "Anche una timbratrice a secco si può comprare come il biadesivo in cartoleria, io lo so perché ricordo che quando in ufficio si ruppe la macchinetta ordinai di comprarne un’altra che avesse la scritta “Comune di Campobello di Mazara” stampata sul timbro. Una persona con i giusti canali può avere quello che vuole."
Il pensionato, comunque, non è ancora stato interrogato dalle forze dell'ordine. Secondo lui hanno già trovato le informazioni che lo scagionano: "Comunque basta andare a vedere negli archivi del Comune e della Prefettura di Trapani. Oltre alla carta emessa, infatti, la procedura vuole che se ne facciano altre due copie che restano lì. Se i carabinieri non mi hanno ancora chiamato, penso che le abbiano già trovate."
Messina Denaro "ha fatto in modo di farsi trovare"
L'ex impiegato dell'anagrafe non ci sta ad essere trattato da fiancheggiatore. Difende, anzi, tutto il suo comune: "Non sono tra questi. E credo che se la gente in giro l’avesse davvero riconosciuto, l’avrebbe denunciato. Magari con una lettera anonima. Campobello non è omertosa, parla a modo suo."
Secondo lui, quindi, Messina Denaro era un uomo potente che aveva le conoscenze e mezzi per nascondersi e se ora è venuto allo scoperto è perché l'ha voluto. Il boss, per lui, si è fatto arrestare perché malato: "So bene cosa vuole dire avere a che fare con un tumore, da 50 anni non ho più una gamba. Credo che il boss abbia fatto in modo di farsi trovare, che fosse stanco di lottare con la malattia. Ha deposto le armi".