Chi era Giuseppe Di Matteo, il bambino che Giovanni Brusca sciolse nell'acido
Giovanni Brusca oggi, primo giugno, è tornato libero dopo appena 25 anni di carcere
Giovanni Brusca, l'uomo che tra i tanti crimini commessi è stato tra gli "ideatori" del rapimento e poi dell'uccisione del piccolo Giuseppe Di Matteo, sciolto nell'acido, è tornato uomo libero. Brusca ha lasciato il carcere di Rebibbia dopo 25 anni. Il boss mafioso, fedelissimo di Totò Riina, è stato accusato inoltre della strage di Capaci del 1992. Era soprannominato “u verru” (il porco). Brusca è stato stato liberato in quanto diventato collaboratore di giustizia di varie procure del Paese.
Chi era Giuseppe Di Matteo, il bambino che Giovanni Brusca sciolse nell'acido
Su i crimini di Giovanni Brusca si potrebbe scrivere un libro (come per altro è stato fatto, e a più riprese). Tra tutti, però, uno è quello che ancora adesso ci fa inorridire maggiormente. Non la strage di Capaci, dove persero la vita Giovanni Falcone, sua moglie e la loro scorta. Tra i crimini di Brusca se ne annoverano uno se possibile ben più crudele. Si tratta del rapimento, verso le 16.30 di un tranquillo pomeriggio del 23 novembre 1993, del giovanissimo Giuseppe Di Matteo. Il piccolo all'epoca aveva 12 anni e venne tenuto prigioniero per ben 779 giorni.
Per mesi, anzi per anni i Corleonesi lo tengono in ostaggio, mandando biglietti, foto e filmati ai familiari del piccolo, per intimare loro di "non parlare". Infine, il 1 gennaio del 1996, proprio il giorno in cui Giovanni Brusca venne condannato all'ergastolo per l'omicidio dell'esattore Ignazio Salvo, i rapitori, su ordine di Giovanni Brusca medesimo, uccisero il bambino e sciolsero il cadavere nell'acido.
Giuseppe Di Matteo divenne adolescente mentre era in prigionia, trascorrendo tre anni da incubo. Voleva uccidersi, mentre era solo, nel buio delle prigioni di mezza Sicilia. Ha finito i suoi giorni nel doppio fondo di Giambascio, proprio la casa galera di Giovanni Brusca. Giuseppe era stato l'arma di ricatto per il padre "pentito". Era lo strumento con cui convincere Santino "Mezzanasca" a ritrattare.
Chi è Giuseppe Di Matteo: purtroppo solo uno dei TANTI bambini uccisi dalla Mafia
La storia di Giuseppe Di Matteo racconta molto di quelle che è la mafia. Spesso, nei film, nelle serie televisive o semplicemente nell'immaginario popolare, Cosa Nostra viene descritta come provvista di una sorta di "codice d'onore". Un codice che le impediva di toccare donne e bambini. Ma questa è sempre stata solo una favola, una voce costruita per dare una sorta di "anima" e di onore a uomini che ne erano sprovvisti. Di bambini uccisi nella storia di Cosa Nostra se ne contano infatti centinaia (non decine, centinaia). In un secolo appena la mafia ha infatti ucciso più di 120 minori. E che non si dica "si trovavano nel posto sbagliato e nel momento sbagliato", come qualche giornalista scrive per provare a dare un po' di colore ai sui pezzi, per voler essere "originale", o semplicemente per comprovata ignoranza.
Cosa nostra ha ucciso senza pietà molti bambini volutamente, come nel caso appunto di Giuseppe Di Matteo. Poi ha ucciso bambini e bambine mentre voleva uccidere i loro genitori. La mafia li ha colpiti mentre erano in macchina con i loro cari, mentre erano al parco o mangiare un gelato in un chiosco. Insomma, quei bambini non erano nel posto sbagliato. Erano nel posto in cui si ci aspetterebbe di trovare un bambino. E Cosa Nostra lo sapeva, ma non gliene è mai importato. Perché quelli di Cosa Nostra non sono mai stati "uomini d'onore". Sono e saranno sempre e solo criminali.
Mafia, Giovanni Brusca libero dopo 25 anni di carcere
Il boss mafioso Giovanni Brusca ha lasciato il carcere di Rebibbia nel pomeriggio di martedì 1 giugno. Fedelissimo di Totò Riina, accusato della strage di Capaci, è stato anche collaboratore di giustizia di varie procure del Paese. Brusca, come scrive l'Espresso, ha finito di scontare quasi tutta la sua pena e ora sarà sottoposto a quattro anni di libertà vigilata come disposto dalla Corte d'Appello di Milano, dopo la decisione del Tribunale di sorveglianza di Roma.
Ai magistrati di Palermo, Firenze e Caltanissetta, Giovanni Brusca, figlio del capomafia Bernardo, esponente della Cupola e morto in carcere, ha parlato delle proprie responsabilità in ordine al suo ruolo nella progettazione ed esecuzione della strage di Capaci del 23 maggio 1992, ma anche in diversi delitti e omicidi efferati che non hanno risparmiato donne e bambini. "La mia non è una scelta facile - aveva detto parlando della sua decisione - pesa la storia della mia famiglia, il dover accusare altri". Aveva goduto di diversi permessi premio per buona condotta. Solo qualche giorno. Poi il ritorno in carcere, a disposizione delle procure che hanno indagato sulle stragi del '92 e del '93, parlando anche dei rapporti tra Cosa nostra e pezzi della politica e della burocrazia. Adesso la scarcerazione.
Perché Giovanni Brusca è tornato libero
C'è un motivo preciso dietro la scarcerazione di Giovanni Brusca. L'ex boss mafioso ha infatti deciso di collaborare con la giustizia. Per legge, il criminale che prende la decisione di collaborare con la giustizia ha diritto a uno sconto di pena di un terzo della condanna. Tuttavia Brusca doveva scontare parecchi ergastoli. Uno sconto di un terzo di pena difficilmente poteva essere allettante dunque per un uomo che in ogni caso avrebbe dovuto passare la sua vita in carcere.
Per questo motivo, Brusca, il quale potrebbe incastrare decine e decine di criminali, è tornato libero. Può sembrare strano, ma in Italia ci sono tanti precedenti di questo tipo. Possiamo solo sperare quindi che effettivamente Giovanni Brusca collabori con i magistrati, contribuendo a inchiodare molti altri ricercati, e che non sia solo una sorta di tattica.