09 Febbraio 2021
Ennesima tragedia della povertà e della solitudine a Torino: un 59enne di origini marocchine è stato rinvenuto morto nel dehors di un bar del centro di Torino, che aveva trasformato nella propria abitazione da quando aveva perso il lavoro. Mostafa è morto per un malore ma, anche, per il freddo ed una vita di stenti. Un uomo cordiale, raccontano in molti, senza evitare le polemiche per lo sgombero di alcuni clochard qualche giorno fa.
"Molto gentile, cordiale ed educato" in molti lo ricordano così. Per anni aveva lavorato come fioraio: prima in un vivaio di Pecetto, poi al mercato di San Secondo. "Non chiedeva l'elemosina", ricordano gli ambulanti, che erano diventati la sua famiglia. "Una persona perbene, distinta che conosceva almeno cinque lingue" ricorda chi lo conosceva. Per un po' aveva vissuto in auto poi, quando aveva perso anche quella, era finito in strada.
"Conosceva le opportunità di accoglienza e frequentava saltuariamente alcuni servizi diurni ma, nonostante i ripetuti inviti, non accettava aiuti, né di trascorrere la notte in una casa di accoglienza", dicono i Servizi Sociali del Comune, ai quali era nota la sua storia.
Sabato scorso l'ultimo incontro con il personale del servizio itinerante notturno, quando gli operatori lo avevano trovato sdraiato su una panchina. "Diceva di sentirsi male” riferiscono i Servizi Sociali “ma rifiutava di essere accompagnato in ospedale. Gli operatori gli hanno quindi proposto un inserimento in una struttura di pronta accoglienza, ma ha rifiutato, e non hanno potuto far altro che offrirgli tè caldo, una brioche, delle mascherine e una coperta".
La stessa coperta in cui, questa mattina, il proprietario della Caffetteria del Re lo ha trovato avvolto, ormai morto.
"Mi dispiace molto. E' un fatto che ci stimola a fare ancora di più" ha affermato l'arcivescovo di Torino, monsignor Cesare Nosiglia, che nei giorni scorsi aveva definito l'intervento delle forze dell'ordine per allontanare dal centro sette clochard, i loro giacigli gettati tra i rifiuti, "una ferita che addolora la città", famosa per i suoi santi sociali, da don Bosco a Cottolengo, da Tancredi e Giulia di Barolo a Cafasso, Murialdo e Allamano.
"Per dare una risposta appropriata al problema, incontreremo il prefetto e la sindaca" domani. E ci sarà, anche, una riunione con le associazioni "che si occupano di sostenere e ascoltare chi ha un rapporto diretto con chi vive per strada", dice Nosiglia annunciando la "massima disponibilità della Chiesa a mettere a disposizione strutture anche per 2-3 persone, perché non bisogna pensare solo a dormitori di massa". Perché quella di Mustafa, conclude la Comunità di Sant'Egidio, è stata "una morte evitabile, che chiede di non essere classificata come fatalità o, persino, come libera scelta".
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