06 Febbraio 2023
Siamo al “gastronomicamente corretto”. Pochi giorni fa Facebook ha bloccato una campagna del progetto culinario Interiora Design che pubblicizzava un panino alla finocchiona scambiando il salume toscano per un insulto discriminatorio. L’essere umano ha i suoi problemi, ma anche l’intelligenza artificiale e gli algoritmi non sembrano essere infallibili. Tanto che dopo la finocchiona tremano anche il culatello e la pancetta.
L'iniziativa pubblicitaria di Interiora Design, secondo Facebook, sembra “insultare o prendere di mira gruppi specifici di categorie protette, pertanto non rispetta i nostri standard della community. Rimuovi eventuali contenuti offensivi dalle creatività della tua inserzione”. È facile immaginare lo stupore dell’agenzia, mentre i produttori la presa con ironia. “Un algoritmo non può conoscere la storia della finocchiona né il suo sapore inconfondibile”, ha sottolineato il Consorzio della finocchiona Igp. “La finocchiona Igt è un’eccellenza toscana dalla lunga tradizione, ha origine dall'ingegno e dalla conoscenza del territorio da parte dei contadini del Medioevo, quando il pepe, spezia rara e costosa, venne sostituito con un altro ingrediente, naturalmente offerto dalle verdi colline di Toscana: i fiori e i semi di finocchio. Elementi che conferiscono alla Finocchiona il caratteristico profumo inconfondibile. Caro Mark Zuckerberg, ti aspettiamo in Toscana per condividere un panino con il nostro salume tipico: la finocchiona Igp”.
Dopo la cantonata sulla finocchiona, chi bannerà adesso Facebook? Il culatello? Già: anche quel salume, per la straordinaria intelligenza artificiale di Meta, potrebbe essere scambiato per un’ingiuria o come un termine discriminatorio. E pancetta? Be’, guardiamo il lato positivo: nessun amante della birra, su Facebook, potrà più essere etichettato di averla. Infine vorremmo tranquillizzare l’algoritmo del social: la mortadella è viva e vegeta.
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