04 Dicembre 2020
Si assottiglia sempre di più la capacità di manovra del Premier Giuseppe Conte, diventato di colpo uno scomodo intermediario tra le forze della maggioranza. Un tempo lodato per la sua capacità di adattarsi alla situazione, sapiente tessitore di rapporti politici burrascosi tra partiti fino a pochi mesi prima nemici giurati, oggi queste caratteristiche gli si sono ritorte contro. Il suo non essere né carne né pesce è diventato inviso a tutti. Lo attacca il PD, stanco del suo graduale assottigliamento verso le posizioni pentastellate. Allo stesso tempo, il Premier si trova al centro della bufera tra i 5 Stelle a causa del via libera alla riforma del Mes. Il suo ruolo super-partes non va più bene a nessuno, motivo per cui lo stesso Premier potrebbe diventare la vittima sacrificale della maggioranza per blindare la legislatura fino al 2023.
Un eventuale cambio della guardia a Palazzo Chigi, in concomitanza con l’inizio del semestre bianco prima dell’estate, comporterebbe infatti un patto di ferro tra le forze politiche della maggioranza, con annessa data di scadenza a fine legislatura. Ma se il ruolo di Conte sembra comunque troppo ingombrante per essere messo da parte, dem e grillini difficilmente riuscirebbero a concordare su un nuovo nome per la guida del Governo. Ecco dunque che si fa spazio, con insistenza sempre maggiore, la possibilità di un rimpasto dell’esecutivo. L’idea rappresenta un compromesso accettabile in grado di soddisfare sostanzialmente tutti.
Cambiare la squadra dei ministri farebbe comodo a tutti. In primis a Conte, che rimarrebbe saldamente ancorato a Palazzo Chigi per altri tre anni, concedendo però alle forze in campo una riduzione della sua centralità decisionale, aumentata notevolmente a causa della pandemia. Anche i partiti vedrebbero di buon grado questa possibilità, per tutta una serie di ragioni. I renziani di Italia Viva non chiedono altro da mesi a questa parte, e un’eventuale ridistribuzione dei ruoli permetterebbe a Renzi & Co. di ottenere poltrone ambitissime soprattutto nel campo della diplomazia internazionale, dove l’arrivo di Joe Biden promette grandi cambiamenti. C’è poi il PD a spingere per questa soluzione. Le urne spaventano, complice anche la necessità di ridisegnare i collegi elettorali in seguito al taglio dei parlamentari, motivo per cui a Largo del Nazareno prevale questa idea. Di Maio cerca invece un nuovo ruolo da protagonista, come ai tempi dell’alleanza con i leghisti, insoddisfatto del ruolo alla Farnesina. Nuova centralità la può ottenere però solo senza passare dalle urne, dalle quali il Movimento si prevede uscirà nettamente ridimensionato. Infine, lo stesso Colle esprime preoccupazione per uno scioglimento delle Camere a ridosso del semestre bianco, visto che con i tempi si andrebbe davvero stretti. Mattarella ha più volte fatto intendere che dopo Conte questa legislatura avrebbe potuto solo vedere le urne, un indizio che in pochi faticano a negare.
Su tutti, i nomi da matita rossa tra i ministri sono principalmente tre. Paola de Micheli, titolare dei trasporti ed espressione del PD, è sotto accusa per il disastro organizzativo del trasporto pubblico, considerato tra i principali fattori scatenanti della seconda ondata. Lucia Azzolina, a capo della scuola e dell’istruzione, ha subito costantemente gli attacchi dell’opinione pubblica, motivo per cui sono in molti a credere che sarà tra i primi a saltare. Per ultima, il Ministro del Lavoro, la grillina Nunzia Catalfo, non è stata apprezzata dai sindacati, e tantomeno dagli altri partiti della maggioranza, per il suo operato al dicastero, considerato insufficiente. Più tranquilla la posizione di Gualtieri, titolare del dicastero dell'economia. Questo non tanto perché sia riuscito a portare a casa grandi risultati, piuttosto, vista la sua centralità in sede europea per l’approvazione del piano di ristrutturazione dell’economia italiana, una sua dipartita potrebbe creare non pochi problemi con Bruxelles.
In generale, sia il PD che i 5Stelle, ma anche Italia Viva, vogliono che la squadra dei ministri sia composta da figure forti, espressione delle forze politiche. Si parla quindi di un ritorno di Andrea Orlando e di Maria Elena Boschi, insieme a un nuovo ruolo per Di Maio e un ingresso nel governo per il segretario dem Nicola Zingaretti. La nascita di un governo “Conte Tris”, porterebbe a un graduale eclissarsi dello stesso Premier. La nomina del prossimo Presidente della Repubblica, da eleggere nel 2021, insieme alla battaglia per i fondi europei, deve essere, nell’ottica della maggioranza, appannaggio dei partiti, non di un Premier super-partes.
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