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Covid, deceduti senza tampone: torna il caos sulle mancate autopsie. Si apre una nuova inchiesta sulle omissioni

Nel mirino anche il Governo e le circolari del Ministro Speranza. Si indaga su ritardi e omissioni che, se non fossero avvenuti, avrebbero permesso di salvare centinaia di vite

18 Novembre 2020

Covid, deceduti senza tampone: torna il caos sulle mancate autopsie. Si apre una nuova inchiesta sulle omissioni

Il Premier Giuseppe Conte assieme al Ministro della Salute Roberto Speranza - Fonte: LaPresse

Brescia come Bergamo. Nella città lombarda, la Procura della Repubblica ha avocato a sé un’indagine che era stata archiviata a Cremona, puntando a dimostrare che, nei primi mesi della pandemia, ci sono stati ritardi e omissioni nella lotta al Covid-19. Nel mirino, tra le altre cose, il volo che il 16 di marzo è decollato dall’aeroporto di Aviano, con destinazione Memphis, Stati Uniti, fornito di un carico di circa mezzo milione di tamponi. 

La gente è morta senza che venissero fatti loro i tamponi, ma il 16 marzo un volo carico di test decolla per gli USA 

Brescia, insieme appunto a Bergamo, Cremona e Milano è stata uno dei centri più colpiti dalla prima ondata. Di storie tragiche Brescia abbonda. IlGiornale.it racconta quella di Mariagrazia Casanova, morta il 20 marzo scorso, due giorni dopo aver mostrato i primi sintomi di positività al Covid-19. Dopo due giorni di isolamento, Mariagrazia è morta, senza che le fosse mai fatto il tampone. È su casi come questo che la Procura vuole dunque vederci chiaro, cercando di capire se, di fatto, il comportamento delle autorità competenti abbia in qualche modo permesso al virus di circolare più facilmente, causando l’ecatombe a cui la Lombardia, e il Paese intero, hanno dovuto assistere. Il primo ad aver fatto mea culpa è stato lo stesso sindaco di Brescia, Emilio del Bono, il quale aveva riferito che: Non siamo riusciti ad arginare i focolai a introdurre ‘zone rosse’ dove c’erano i segnali, a fare tamponi nelle famiglie che convivevano con i positivi e in quarantena”. 

La storia del volo decollato dall’aeroporto militare di Aviano, già a suo tempo, aveva fatto scalpore. Il 16 marzo infatti, solo 8 giorni dopo l’inizio del lockdown, un volo stipato con mezzo milione di tamponi anti-Covid parte in direzione Stati Uniti. Un esposto presentato in Procura chiede quindi di indagare sul perché quel materiale abbia preso il volo. La Protezione civile, o il Governo stesso, avrebbero dovuto emettere ordinanze tramite le quali requisire il materiale, come è avvenuto in altri Stati. Sul tema è intervenuto però Lorenzo Fumagalli, responsabile dell’ufficio legale della Copan Diagnostic, il quale ha spiegato che se i test effettuati erano in numero inferiore, “è perché le forniture erano in quantità superiore alle capacità di svolgere gli esami nei laboratori italiani”

Ora la Procura di Brescia indaga per una serie di reati, tra cui epidemia e omicidio colposi 

La Procura di Brescia ipotizza quindi tutta una serie di reati, tra cui epidemia colposa, omicidio colposo, lesioni colpose, abuso d’ufficio e omissione d’atti d’ufficio. Sotto analisi si trovano infatti anche le circolari emanate dal Ministero della Salute, contenenti le indicazioni su chi dovesse essere sottoposto al test e gli inviti a non realizzare le autopsie. Dal momento che si tratta di atti e provvedimenti del presidente del Consiglio e del ministro competente il fascicolo verrà trasmesso al tribunale dei ministri, competente in materia. 

Quello che Brescia e i suoi cittadini vogliono è quindi giustizia. Nella città in pochi faranno fatica a dimenticare l’immagine tremenda dei container frigorifero parcheggiati davanti al forno crematorio, vista l’impossibilità di procedere alla cremazione di tutti i corpi nei tempi prestabiliti. È poi intervenuto anche l’Istat a dimostrare come, a Brescia, il Covid-19 ha avuto un effetto pesantissimo. I numeri mostrano che le morti sono già raddoppiate rispetto al trend degli ultimi cinque anni. Si è passati infatti dalle 134 nel 2015-2019 alle 381 nel 2020. Lo stesso vale per tutta la provincia: nei vari Comuni si passa dai 466 decessi di marzo 2019 ai 1345 nei primi tre mesi del 2020.

Gli ospedali abbandonati sono diventati focolai in pochissimi giorni

La tragicità della situazione nel bresciano si evince anche dai racconti che provengono dalla prima linea della lotta al virus, gli ospedali. Francesca Serughetti, anestesista degli Spedali Civili,racconta che il 24 febbraio è in sala operatoria con un politraumatizzato con la febbre. In quelle ore sono già scattate tutte le indicazioni di prevenzione. Il paziente va intubato, la mascherina Ffp3 sarebbe obbligatoria. Ma non ce n’è nemmeno una. “Non eravamo ancora preparati…”, ammette. In pochi giorni è successo quindi quello che tutti temevano, ovvero che si scatenasse l’inferno proprio lì dove il virus sarebbe dovuto essere curato, negli ospedali. Già ai primi di maggio, Brescia contava quasi mille morti. 

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